INTERNAZIONALE

Accuse di Viganò. Il papa: «Silenzioe preghiera»

GUERRA IN VATICANO
LUCA KOCCIvaticano

Non accenna a placarsi lo scontro fra l’ex nunzio negli Usa, monsignor Carlo Maria Viganò, «grande accusatore» di papa Francesco («ha coperto l’ex cardinale pedofilo di Washington, McCarrick»), e il Vaticano. La novità, in una polemica che sembra scadere a gossip ma rende evidente la guerra di potere nei sacri palazzi, è che questa volta il papa e il Vaticano reagiscono e replicano.
FRANCESCO LO FA senza entrare nel merito, ma con una durezza poco consueta, commentando il Vangelo del giorno («Nessun profeta è bene accetto in patria»), ieri mattina, nella messa a Casa Santa Marta, dove risiede dall’inizio del pontificato. Gli abitanti di Nazaret cacciano dalla città Gesù, che in sinagoga ha predicato la «liberazione degli oppressi», minacciano di gettarlo da una rupe, lui non reagisce e si allontana. «Non erano persone, erano una muta di cani selvaggi che lo cacciarono», ma Gesù «con il suo silenzio vince quella muta selvaggia e se ne va», spiega Bergoglio. Il riferimento agli eventi degli ultimi giorni è chiaro. Anche perché subito dopo aggiunge: «La verità è silenziosa, non è rumorosa», c’è un’unica scelta da fare «con le persone che cercano soltanto lo scandalo, la divisione, la distruzione: silenzio».
LA SANTA SEDE invece interviene sulle nuove accuse di Viganò al pontefice. Domenica, in un’intervista a Lifesitenews, sito internet della galassia conservatrice statunitense, l’ex nunzio ha estratto dall’archivio dei propri ricordi un episodio del 2015. Durante il suo viaggio negli Usa, Francesco incontrò Kim Davis, un’impiegata pubblica ultracattolica del Kentucky che, per le proprie convinzioni religiose, rifiutava di rilasciare licenze matrimoniali a coppie omosessuali (scontando anche 5 giorni di carcere). L’incontro suscitò grandi polemiche, il Vaticano ne ridimensionò la portata («il papa ha incontrato presso la nunziatura decine di persone» fra cui la signora Davis, «l’incontro non è un appoggio alla sua posizione», spiegò padre Federico Lombardi, allora direttore della sala stampa vaticana) e poi convocò a Roma il nunzio Viganò per bacchettarlo.
ANCHE SE NELLA CONFERENZA stampa durante il viaggio di ritorno in aereo, ad una domanda sul caso Davis, il papa sostenne l’obiezione di coscienza: «è un diritto umano, se non si permette di esercitarla, si nega un diritto». «Il papa sapeva benissimo chi fosse la Davis, e lui e i suoi collaboratori avevano approvato l’udienza privata», dice ora Viganò. Replicano con una nota Lombardi e padre Thomas Rosica, al tempo suo assistente di lingua inglese: fu Viganò a proporre l’incontro e il Vaticano lo approvò solo perché non informato, dal nunzio stesso, dell’impatto mediatico che avrebbe avuto. Debole difesa ad un attacco altrettanto debole su una vicenda di cui si era già molto parlato e che sembra essere stato buttato nel circo mediatico solo per creare ulteriore confusione. Nella corte pontificia si annuncia un «autunno caldo» a colpi di dossier e rivelazioni.

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