POLITICA

Il sindaco Bucci rilancia le Grandi opere, e confida nel commissario Toti

NUOVO PONTE, GRONDA, TERZO VALICO
GIULIA MIETTAitalia/genova

Quando a caldo, un paio d’ore dopo il disastro di ponte Morandi, il sindaco Marco Bucci aveva dichiarato «Genova non è in ginocchio e non rinuncia al suo sogno di sviluppo» a qualcuno era apparso fuori luogo. La città era in ginocchio, eccome. Lo è tuttora e forse lo era anche prima del crollo. Ma quello di Bucci non era il discorso del manager fissato con il corporate coaching né la sua retorica di #genovameravigliosa della campagna elettorale. Il sindaco aveva ben chiaro invece che la sciagura, per portata, effetti e risalto internazionale, avrebbe messo il capoluogo ligure nelle condizioni di chiedere qualsiasi cosa. E quindi per 210 metri di asfalto sfracellati al suolo, si rilancia con decine di chilometri tra strade, tunnel, binari, in una sorta di bulimia infrastrutturale che sta contagiando anche chi le grandi opere sembrava disdegnarle. A partire dal Movimento 5 Stelle. Accelerare sul terzo valico Genova Milano, sbloccare la Gronda di ponente, completare a tempo record il cosiddetto lotto10, ossia la viabilità di collegamento tra porto e lo svincolo autostradale della A10 in città, e ancora rilanciare l’idea del tunnel della Val Fontanabuona, nel Levante. Senza contare il nuovo viadotto in acciaio che dovrà sostituire il Morandi.
Oltre a quello “emotivo” ci sono alcuni fattori che potrebbero spianare la realizzazione di questi progetti. Il primo è la nomina a commissario straordinario del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, siglata dal capo dipartimento della Protezione civile Angelo Borrelli. Il provvedimento riguarda poteri speciali e deroghe alla normativa ordinaria in materia di gare. A breve, ha annunciato Borrelli, ci sarà pure una modifica al Codice degli appalti per poter effettuare determinati interventi in urgenza. Un esempio pratico? I cantieri che già oggi sono avviati all’interno delle aree dell’Ilva di Cornigliano per ampliare la rete stradale di collegamento tra porto, aeroporto e autostrada. Il secondo fattore porta il bollino dell’Ue ed è legato alle reti Ten-t nel bilancio comunitario 2021–2027. Genova, in quanto terminale del corridoio ferroviario con Rotterdam, potrebbe accedere più facilmente - ora che i riflettori sono puntati su di lei - a circa 800 milioni di euro, un investimento pari a quello della tav Lione-Torino.
Il terzo valico è completato al 40% e appaltato all’80%. Secondo Rfi sarà pronto nel 2023. La Gronda di Ponente, riconosciuta nel 2017 come opera di interesse nazionale, dopo anni di discussioni e dietrofront ha ultimato l’iter autorizzativo, le ultime battute del ministero Delrio. «I cantieri, quelli grossi, li vedrete l’anno prossimo», diceva l’ad di Autostrade Castellucci nel maggio scorso nella sala Trasparenza della Regione Liguria, lo stesso spazio dove oggi si affrontano ben altri argomenti. Ma non è un mistero che quel progetto non sia più a portata di mano, nonostante l’ottimismo di Bucci. Intanto perché la fattibilità economica era basata anche sui pedaggi che Autostrade avrebbe dovuto incassare fino al 2042, e poi perché le aree che avrebbero dovuto ospitare lo “smarino” della Gronda - 72 nuovi chilometri, 23 gallerie, 13 viadotti - oggi accolgono le macerie di ponte Morandi e le carcasse delle auto distrutte.
In una città dove i movimenti No Tav e No Gronda si sono ridimensionati ma restano attivi e presenti, il timore è che si perdano di vista le priorità. «Da sempre siamo contrari alle grandi opere inutili anche per il fatto che portano via risorse economiche agli interventi veramente necessari - scrivono i No Gronda in un comunicato che risponde agli attacchi del dopo crollo - come la manutenzione dell’esistente e agli interventi di riassetto idrogeologico».

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