CULTURA

Badiou, la matematica? È espressione dell’essere

SAGGI
MARCO PACIONIFRANCIA

In attesa della traduzione italiana di Logiques des mondes e dell’ultimazione della trilogia con L’immanence des vérités, è stata nuovamente tradotta la prima delle tre parti del progetto di Alain Badiou, L’essere e l’evento (traduzione di G. Scibilia, a cura di P. Cesaroni, M. Ferrari, G. Minozzi, Mimesis, pp. 610, euro 34). Se c’è una cosa che non è cambiata dalla prima volta quando è stata pubblicata quest’opera, nel lontano 1988, è che essa era ed è ancora inattuale. Questo libro pare estraneo per modalità discorsive, riferimenti disciplinari e obiettivi sia al contesto di trent’anni fa, sia a quello odierno. Ugualmente inattuale, ma per motivi diversi. Ieri lo era più per ragioni politiche e sociologiche, oggi lo è più per motivazioni teoretiche. Inattuale non in senso negativo, come una critica preventiva. Al contrario, per inattuale qui si intende che il libro di Badiou, non iscrivendosi completamente nell’ambiente culturale nel quale viene alla luce, permette un punto di osservazione inusitato, profetico.
Prendiamo la matematica, cardine del libro e di tutto il progetto di Badiou. Mentre nelle nostra società è ossessivamente utilizzata come strumento tecnico ingegneristico per produrre i dispositivi di quella che ormai potremmo definire come una seconda natura, in Badiou essa è invece ciò che esprime la questione fondante della natura prima: l’essere, di parmenidea memoria.
HEIDEGGER È OVVIAMENTE un punto di riferimento per il filosofo francese, ma solo per aver risvegliato l’attenzione sul grande tema della tradizione occidentale e non certo per come esso deva essere affrontato. Non solo la logica, la fisica, la biologia, ma neanche il linguaggio e la poesia sono espressione primaria dell’essere per Badiou; lo è invece la matematica. Cantor, Göedel, Cohen, lo sviluppo della teoria degli insiemi con i suoi cardini del molteplice e dell’insieme vuoto definiscono la scienza dell’essere. Per Badiou, matematica e ontologia si equivalgono, nel senso che essa è l’unica espressione adeguata dell’essere.
AL DI LÀ DELLE CONSIDERAZIONI politiche, che Badiou affronta maggiormente nelle altre due parti della sua trilogia e in molti altri testi che collateralmente a questo grande progetto è venuto sviluppando, forse oggi è proprio l’inattualità matematica l’aspetto più importante dell’Essere e l’evento. In particolare l’idea che la matematica non è priva di un contenuto specifico e che questo, a sua volta, condiziona il suo utilizzo nei campi più disparati. Tale vincolo di un oggetto specifico è invece oggi non solo non pensato, ma addirittura ignorato, considerato come un falso problema a cui non si presta la minima attenzione, abbagliati dall’entusiasmo – tanto ottimistico quanto ideologico – di quello che appare come il potere illimitato dell’applicazione matematica, per la quale calcolare e formulare significano direttamente porre in essere, creare, produrre.
A trent’anni dalla sua prima uscita, oggi la componente più rivoluzionaria dell’Essere e l’evento – il suo appuntamento evenemenziale con la storia – è la questione della resistenza dell’essere nel cuore liquido del calcolo.

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