CULTURA

La moria delle librerie torinesi. Ultima vittima l’indipendente «I Comunardi»

GENTRIFICATION
LUCIANO DEL SETTEITALIA/TORINO

Ironia delle coincidenze. Al nove di via Giambattista Bogino, nel cuore del centro storico di Torino, ha sede Il Circolo dei lettori. Destinato probabilmente a diventare la sola memoria «letteraria» di un segmento di quartiere dove, fino a pochi mesi fa, le librerie erano presenza significativa. Una per una sono cadute sotto la scure della globalizzazione commerciale, che dopo l’abbigliamento guarda sempre di più al settore del food.
AL POSTO della Librairie française, via Bogino 4, adesso c’è un sushi takeaway; pochi metri più in là, in via Cesare Battisti, il Punto Einaudi è diventato una gelateria bio; una gioielleria artigiana ha sostituito una libreria di usato scolastico e forse cederà il passo agli spiedi di un kebab.
NESSUNO, però, avrebbe mai immaginato che ad alzare le mani sarebbe stata costretta anche la libreria Comunardi, dal 1976 in via Bogino quasi all’angolo con via Po. Ricorda Paolo Barsi, il fondatore, «Comunardi nacque come libreria politica, centro di documentazione che presentava tutte le testate, la saggistica, i fogli prodotti dal Movimento, di cui a Torino era il referente per la distribuzione e la vendita. Avevamo posizioni molto rigide, i best seller industriali non entravano, e allo stesso tempo ci eravamo fatti promotori dell’editoria di fumetti, teatro, cinema, fotografia. Il nostro cliente tipo era lo studente acculturato e molto politicizzato».
UNA SCELTA VINCENTE, che aveva consentito a Comunardi di consolidarsi, ampliare i propri spazi e quelli dell’offerta. Nel tempo, sugli scaffali erano comparsi la letteratura italiana e internazionale, i manuali di viaggio, la letteratura per ragazzi. Senza mai cadere nella tentazione di facili guadagni grazie a gadget, poster, biglietti di auguri, dvd, cd.
In quarant’anni e oltre, Comunardi è rimasta comunque e sempre una vera libreria: duecentocinquanta metri quadrati e migliaia di titoli in mezzo ai quali si muove, fino a mezzanotte, un popolo di lettori che ama girare, scoprire, e trovare in chi sta dietro la cassa un amico cui chiedere e con cui discutere.
UOMO TANTO BATTAGLIERO quanto lucido, Barsi, nell’analizzare la crisi di buona parte delle nostre librerie indipendenti, va oltre le difficoltà puramente economiche. «Torino - afferma - è esempio di quella gentrificazione che sta cancellando a vario titolo l’identità dei centri storici». Nello specifico di Comunardi, l’assedio inizia tre anni orsono.
A CONDURLO È LA CRAB HOLDING Spa, quinto produttore mondiale di compressori (!), amministratore delegato il cavaliere del lavoro Roberto Palma, che ha ereditato i locali. La Crab li mette in vendita a settecentomila euro. Dietro l’irricevibile proposta di acquisto fatta a Barsi, e a fronte di buone uscite ridicole, si nasconde l’obiettivo di aprire un supermercato alimentare partecipato dalla holding.
La disputa giudiziaria è stata risolta, sentenza recente, da un giudice. Il mancato pagamento di un anno di affitto, quarantottomila euro fino al 2022, benché estinto è, secondo il giudice, motivo grave e sufficiente per procedere allo sfratto esecutivo il trenta di settembre.
ULTIMA SPIAGGIA, e a questa il libraio sta cercando di approdare, la ricerca di una cordata di finanziatori privati che gli consenta di comprare. In caso contrario? «Dovrò andarmene e chiudere la mia attività. Dico chiudere, perché non ho nessuna intenzione di aprire da qualche altra parte».
Dal 1976, Comunardi è quella in via Bogino quasi all’angolo con via Po. Soltanto lì potrebbe continuare ad esistere. La sua scomparsa, metafora che ci sta tutta, sarebbe un boccone assai amaro da mandar giù.

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