Al centro della Sala Pompeiana del Teatro Massimo, c’è lo scroscio delle onde del mare. Intorno, nove statuette in porcellana fragile e finissima (stile neo-rococò di Capodimonte) reinventano scene di naufragi prendendo a modello un illustre predecessore come Géricault con la sua Zattera della Medusa. È così che il collettivo russo degli AES + F reinterpreta la precarietà del Mediterraneo, un tempo incrocio di civiltà, oggi tomba per chi vi fluttua alla ricerca della salvezza e «deriva etica paradossale», come affermano gli artisti. La porcellana, simbolo di agiatezza borghese e aristocratica, qui incarna la contraddizione dell’Europa di oggi, tra porti aperti e chiusi. Personaggi in pose da star hollywoodiane su gommoni e barche,intenti in brindisi o amoreggiamenti, vengono interrotti da arrembaggi di ospiti inattesi e visibilmente disperati. I «bianchi» concedono i loro favori accettando le nuove presenze con caricaturali offerte «a bordo». Una metafora crudissima - nonostante il materiale prezioso di lavorazione - della violenza culturale (oltre che fisica) che gli europei perpetrano da secoli ai danni di chi nuota non sostenuto dalla zattera delle comodità.
A. Di GE.