POLITICA

L’attacco di Bruxelles su debito e migranti: «Rispettare le regole»

La Commissione lancia l’allarme «sui populisti che avanzano» e fa infuriare Salvini e Di Maio: «Ingerenza da parte di non eletti»
CARLO LANIAitalia/europa/bruxelles

L’attesa è finita. Dopo 72 giorni durante i quali a Bruxelles si è guardato pressoché in silenzio a quanto accadeva a Roma, alla fine l’Unione europea decide che è arrivato il momento di rendere pubbliche le preoccupazioni suscitate da un possibile governo a guida Lega e 5 Stelle. «Speriamo che in Italia non ci siano cambiamenti sulla linea della politica migratoria», dice il commissario Dimitris Avramopoulos lanciando l’allarme sui «populismi e nazionalismi che stanno guadagnando terreno».
Ma il responsabile europeo per l’Immigrazione non è l’unico a parlare. Toni più duri arrivano anche dai vicepresidenti della commissione Ue, Valdis Dombrovskis e Jyrki Katainen, preoccupati soprattutto che vengano rispettati gli impegni assunti su debito pubblico e patto di stabilità. La Commissione - sottolinea Katainen - è «guardiano dei Trattati e tutte le regole del Patto di Stabilità e Crescita si applicano», anche all’Italia. Parole che provocano la reazione del leader del Carroccio che bolla come «ennesima inaccettabile interferenza di non eletti» le dichiarazioni dei tre esponenti della Commissione guidata da Jean Paul Juncker.
Non è più tempo quindi di «wait and see», la linea dell’aspettiamo e vediamo adottata finora dalle istituzioni europee come segno di doveroso rispetto dell’autonomia italiana. Non che dubbi e perplessità in questi due mesi siano mancati, ma finora avevano sempre viaggiato in maniera carsica per venire alla luce, attraverso canali riservati e ufficiosi, con il presidente della Repubblica Mattarella e il premier Gentiloni.
Da ieri, però, Bruxelles sembra aver accantonato la diplomazia. Sui migranti il timore è che in futuro possano vedersi anche in Italia le stesse scene viste in passato in altri Stati dell’Unione dove anche i richiedenti asilo vengono richiusi in campi di detenzione e le espulsioni eseguite senza tanti riguardi, neppure nei confronti dei soggetti più deboli come donne, anziani e bambini. Del resto la Lega ha fatto delle espulsioni forzate dei migranti irregolari uno dei punti decisivi del suo programma insieme all’apertura di nuovi centri per l’identificazione e il rimpatrio e al prolungamento dei tempi di detenzione dagli attuali tre mesi a sei.
Insomma per Bruxelles i motivi per non stare tranquilli non mancano, anche se va detto che le preoccupazioni dell’Unione europea sembrano riguardare più la forma che la sostanza. E’ dal 2015 infatti, quando presentò la sua agenda sull’immigrazione, che l’Europa sollecita gli Stati membri ad effettuare un maggior numero di rimpatri, invito ripetuto anche ieri il direttore per la migrazione della Commissione Ue, Laurent Muschel, che proprio all’Italia ha chiesto di fare di più. «Tutti gli Stati membri rimpatriano verso il Bangladesh», ha detto Muschel. «I rimpatri dall’Italia verso Bangladesh, Pakistan o Afghanistan invece sono nulli perché mancano i centri di detenzione».
Per non parlare poi degli accordi siglati nel 2016 con la Turchia e l’anno scorso con la Libia per fermare i migranti prima che riescano ad arrivare in Europa. Accordi duramente criticati da un rapporto redatto da Transnational Institute e Stop Wapenhandel (Campagna olandese contro il commercio di armi) e rilanciato in Italia dalla Rete italiana per il disarmo e dall'Arci. «La collaborazione dell'Ue con i Paesi limitrofi per il controllo delle migrazioni - si legge - ha rafforzato i regimi autoritari, fornito un boom di profitti per le imprese della sicurezza e ai produttori di armamenti, distolto risorse dallo sviluppo e indebolito i diritti umani».
Le critiche che arrivano da Bruxelles non irritano soltanto Matteo Salvini, ma anche Luigi Di Maio. «Attacchi continui da parte di qualche eurocrate non eletto da nessuno» dice il capo politico dei grillini ricalcando le parole di Salvini, sono mossi dalla «paura del cambiamento. Vedo tanta paura da parte di un certo establishment, ma chi non vuole il cambiamento è nostro nemico».
Interviene anche il leghista Lorenzo Fontana: «Noi vogliamo fare in modo che non ci siamo più sbarchi e che i clandestini i vengano rimpatriati. Non è facile ma bisogna partire col piede giusto», dice il vicepresidente della camera. «Servirà ripristinare i Cie che quando Roberto Maroni era al Viminale erano stati istituiti e che poi sono stati smantellati».

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