VISIONI

«The Harvesters», tra adolescenze inquiete e identità sessuali i conflitti del Sudafrica

UN CERTAIN REGARD
LUCA MOSSO francia/cannes/sudafrica

Una famiglia afrikaner devota e rigida, la natura severa del Sudafrica interno, due ragazzini che si contendono l’affetto della madre e i confort della casa: Etienne Kallos punta su ingredienti collaudati per il suo Die Stropers – The Harvesters, presentato ieri all’interno della sezione Un certain regard. L’attacco è in stile western con mandrie che si spostano da un pascolo all’altro, guidate dagli schiocchi di frusta di alcuni esperti vaccari. Tra di loro c’è Janno (il massiccio Brent Vermeulen), un adolescente alle prese con le complicazioni della sua età, che comincia a manifestare qualche insofferenza nei confronti dell’autorità paterna e si rifugia volentieri nelle braccia accoglienti e comprensive della devotissima madre. A fare saltare gli equilibri familiari è l’arrivo di Pieter (Alex Van Dyk, magrissimo ed elettrico nei movimenti), un problematico ragazzo di strada che la famiglia ha deciso di adottare per sottrarlo a un destino altrimenti segnato.
TRA JANNO E PIETER il rapporto è complesso: come sempre, quando due realtà distanti vengono in contatto, è difficile separare la repulsione dall’attrazione e su questa doppia polarità Kallos costruisce l’intera narrazione del film. Pieter esige affetto in modi violenti e incompatibili con le regole della comunità, Janno fa di tutto per imporre la sua assennatezza ma non riesce a nascondere la seduzione selvaggia esibita dall’outsider, il confronto tra i due alterna scazzottate e avventurose escursioni in un ambiente di stordente bellezza. Quando, una notte, Janno accompagna Pieter nella caotica vita notturna del ghetto dei neri la questione centrale dell’identità sessuale esplode in modi difficili da padroneggiare. La pietà della madre e l’autorità del padre che spedisce Pieter in un campo di rieducazione sono entrambe insufficienti e lasciano Janno solo con i suoi fantasmi.
ROMPERE l’isolamento e venire a contatto con la forma storica dell’altrove – qui i neri confinati in una equivoca baraccopoli – mette in crisi anche chi sta dalla parte dei privilegiati: il film porta alle estreme conseguenze l’assunto e trasforma un coming of age maschile con venature omofile in un film politico e metaforico. Il fiammeggiante finale e la svolta luciferina di un personaggio attingono alle suggestioni del genere, ma il film non patisce troppo delle semplificazioni e si risolve con una sua secca efficacia. 
LU.MO.

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