COMMENTO

Si è alzata la solita voce nel solito silenzio

Regeni/Al-Sisi
FEDERICA GRAZIANI, LUIGI MANCONIitalia/egitto/il cairo

La voce esile, ma quanto mai ferma, della madre di Giulio Regeni, Paola Deffendi, si è fatta sentire con forza in queste ore, ed era vibrante di uno sdegno controllato. Tanto più stavolta.
Perché, questa volta, quella voce non si alzava per una vicenda così intima e, allo stesso tempo, così universale come la tortura e l’assassinio del figlio, ma al fine di salvare la vita di un’altra donnaE, insieme alla sua, si è udita la voce di Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, e di tante altre buone cause. 

Oggi in gioco c’è la vita di Amal Fathy, arrestata qualche giorno fa in Egitto con suo marito, Mohamed Lofty, direttore esecutivo dell’Ecrf (Commissione per la libertà e i diritti umani) e consulente legale dei Regeni, e il figlio di tre anni.
L’uomo e il bambino sono stati rilasciati immediatamente perché in possesso di doppia cittadinanza, Amal Fathy è invece ancora in stato di arresto. L’accusa è quella di aver postato sulla propria pagina facebook un video contro le violenze che subiscono le donne che si trovano in custodia delle forze di sicurezza egiziane, e la sorte che può attenderla è l’ergastolo, o la pena di morte.

Ancora una volta, in Egitto, il solo motivo che conduce in carcere è la denuncia - pacifica e garantita dal diritto alla libera espressione sancito dalla stessa costituzione - di una grave violazione nella sfera dei diritti fondamentali, come sono gli abusi sessuali. Ancora una volta, le autorità del Cairo si rendono responsabili di un’azione liberticida, puntualmente rappresentativa di quell’esercizio quotidiano del dispotismo che connota il regime di Al-Sisi.

Ancora una volta, nel silenzio pressoché perfetto delle istituzioni e delle forze politiche europee, l’unica azione pubblica sembra essere quella dei familiari di Giulio Regeni, e del loro avvocato, che delle pratiche criminali degli apparati statuali egiziani hanno fatto così dolorosa esperienza.
Familiari e legale che da ieri hanno iniziato un digiuno a staffetta per chiedere la liberazione di Amal: «Nessuno deve più pagare per la nostra legittima richiesta di verità sulla scomparsa, le torture e l’uccisione di Giulio. Vi chiediamo di digiunare con noi, fino a quando Amal non sarà finalmente libera. Noi siamo la loro speranza».

Per partecipare, scrivere il proprio nome e il giorno in cui si intenda digiunare qui: www.facebook.com/giuliosiamonoi/

 

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