VISIONI

La vertigine della vita davanti al baratro dell’oblio

LA GRANDE GUERRA
MAZZINO MONTINARIITALIA

«Nei prossimi giorni, caro capitano, il comando del settore Nordest ha emanato le direttive in ordine alle operazioni invernali con la testuale raccomandazione di tenere alto lo spirito combattivo della truppa e non lasciar poltrire gli uomini nell’ozio». Comanda, in modo perentorio, il maggiore che vuole motivare soldati svuotati di ogni energia, persi nelle loro paure e nei dubbi di un’esistenza ormai privata di ogni senso.
«CARO MAGGIORE- risponde il capitano, che poi si toglierà i gradi per riprendersi la dignità - la sola direttiva che questi uomini hanno inchiodato in testa è quella della strada di casa. Bisognerebbe impedire alla mente di pensare e invece...». Questo è uno dei dialoghi di Torneranno i prati, l’ultimo film a soggetto di Ermanno Olmi, uno sguardo non solo sugli orrori della guerra, ma anche sul significato della vita che si infrange contro qualcosa di enorme e che prova un senso di vertigine di fronte al baratro dell’oblio. In questo racconto sulla Prima Guerra Mondiale, una storia intima ambientata nello spazio angusto di una trincea, con uno sparuto gruppo di soldati che riceve l’ordine suicida di conquistare un piccolo e probabilmente insignificante avamposto, non si fanno concessioni al fascino del conflitto, alla retorica del centenario, all’idea che alla tragedia di milioni di morti si possa sovrapporre l’eroismo dei patrioti. Gli ideali, ammesso che ve ne siano di buoni per iniziare una guerra, si sono comunque trasformati in ordini burocratici, in piani che mandano a morte milioni di persone.
LA GUERRA è atroce in modo incondizionato, ieri come oggi, che si tratti di un confronto tra schieramenti militari in un campo di battaglia, o di civili resi dei bersagli in ogni parte del mondo. Donne e uomini devono affrontare il loro imminente non esistere mai più, l’essere fugacemente transitati nel mondo per poi venirne espulsi senza motivo. La mente, però, si ostina a pensare anche quando gli viene chiesto di limitarsi a obbedire e seguire delle direttive che porteranno alla morte certa. La grande storia contro le piccole storie. Quelli che sparano e quelli che muoiono, in nome di una disciplina, di un atto che taluni arrivano persino a definire nobile.
COSÌ UN FILM immediatamente prima del centenario della Prima Guerra Mondiale diventa l’occasione per dubitare legittimamente di ogni lettura precostituita del passato e per riflettere sul destino di un’umanità che per propria scelta si dà la morte consegnando la ragione all’intransigenza di una causa da seguire ciecamente. E quando i prati torneranno a crescere, che ne sarà stato di quel soldato che ha obbedito e di cui non ricorderemo nemmeno il nome?
«Finita anche questa guerra, tutti torneranno per dove sono venuti, qui sarà cresciuta l’erba nuova, e di quel che c’è stato qui, di tutto quello che abbiamo patito, non si vedrà più niente, non sembrerà più vero».

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