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L’archivio in scatole da scarpe per migliorare il mondo

MARIA FERRETTI
FABRIZIO TONELLOitalia/roma

Scatole, scatole bianche. Scatole da scarpe bianche. Scatole da scarpe bianche piene di schede tagliate su misura.
Centinaia, migliaia di schede coperte di appunti, che quasi impedivano l’ingresso alla sua stanzetta di forse 9 metri quadri nel Collège Franco-britannique alla Cité Universitaire di Parigi. Così ricordo Maria, nel lontanissimo 1983.
Tutte quelle schede erano la base per il suo lavoro sui corrispondenti operai negli anni Venti, quello che poi sarebbe diventato la sua tesi di dottorato, «Le mouvement des correspondants ouvriers, 1917-1931: révolution culturelle et organisation du consensus dans l’Union Soviétique des années 1920», sotto la direzione di Jutta Scherrer.
Martedì mattina, dopo una lunga malattia affrontata con coraggio, Maria Ferretti se n’è andata.
Voland non c’è più. Un’altra perdita per il manifesto, per la cultura italiana, per tutti coloro che vogliono ragionare, capire, migliorare il mondo, o almeno il mondo che sta fra il mar Baltico
e l’oceano Pacifico, l’immensa Russia a cui Maria Ferretti
aveva dedicato tutta la sua vita di studiosa.
L’avevo rivista dopo molti, troppi anni di contatti saltuari, a Parigi qualche mese fa. Era allegra, ottimista come sempre, nonostante i dolori che si annunciavano. Aveva fatto il suo intervento a un convegno, era venuta a cena, aveva scherzato con le amiche. Era sempre convinta di quello che mi aveva detto trent’anni fa: «Bisognerebbe discutere non di quello che il comunismo ha fatto alla Russia ma di quello che la Russia ha fatto al comunismo, infangandone l’idea per decenni». La ricorderemo non solo per la sua immensa cultura di specialista dell’Unione Sovietica ma anche per la sua acuta intelligenza politica e la sua straordinaria dolcezza.
Fabrizio Tonello

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