COMMENTO

Una via d’uscita per il governo

Le mosse del Colle
MASSIMO VILLONEITALIA

Renzi si dimette, ma non troppo. Anzi, non abbastanza. Sono passati i tempi in cui un leader sconfitto si faceva da parte. Magari scusandosi con gli elettori e i militanti. Nessuna analisi degli errori fatti, essendo tutte le colpe di altri.
Quelli che hanno votato no al referendum. Mattarella. I malpancisti. I gufi, i rosiconi. I traditori fuoriusciti. Quanto a Renzi, sempre ottimo e abbondante.

Dopo le quasi-dimissioni, per il Pd si profilano giorni difficili. Ma quel che conta è che la vicenda Pd potrebbe non influire poi tanto sui destini del paese. Paradossalmente, la legge elettorale imposta da Renzi ha tolto il Pd dalla competizione per il governo. Essere in terza posizione con distacco pone il partito in una condizione mai fin qui sperimentata, senza centralità. I protagonisti saranno altri.
Questo scenario relega il discorso sulle quasi-dimissioni in una prospettiva essenzialmente intestina, in cui si giocherà uno scontro tra chi vuole l’opposizione pura e dura - dichiaratamente, lo stesso Renzi - e chi potrebbe volere una posizione più flessibile. È guerra. Qui si comprende come e perché Renzi abbia calato la scure sulle candidature, per avere il maggior numero possibile di fedelissimi in parlamento. Che siano i prodromi di future scissioni in vista della creazione di un nuovo soggetto politico tutto renziano, si vedrà.
Ma cosa accade ora? Non aspettiamoci da Mattarella - uomo riflessivo e prudente - passi precipitosi. Le Camere sono convocate per il 23 marzo, e il primo atto sarà l’elezione dei presidenti. Sappiamo che in Senato i tempi dell’elezione saranno brevi, per la previsione di un ballottaggio che impedisce il protrarsi delle votazioni. Ma è anche probabile che proprio i tempi brevi del Senato sollecitino un confronto utile ad eleggere simultaneamente anche il presidente della camera. Che sia un M5S alla Camera e un leghista al Senato - come si sente dire - è possibile, non certo. Ma è comunque probabile che Mattarella aspetti l’esito del voto sulle presidenze.
E dopo? Siamo - per nostra fortuna ancora - in una forma di governo parlamentare, che offre margini di elasticità utili ad affrontare i momenti difficili. Il punto focale per Mattarella è conferire l’incarico di formare il governo a chi ha maggiori probabilità di avere una maggioranza in Parlamento per la fiducia. Ma bisogna considerare due punti.
Il primo. La prassi conferisce al presidente una serie molteplice di strumenti per individuare la persona giusta. Avvierà anzitutto consultazioni con le forze politiche parlamentari, per trarne indicazioni sugli orientamenti e sugli scenari possibili. Un primo passo da cui potrà venire un quadro sufficientemente preciso e tale da sostenere già in prima battuta la individuazione dell’incaricato. Ma è lo scenario al momento meno probabile, quanto meno perché sia M5S che il centrodestra potrebbero indicare ciascuno il proprio leader, argomentando dall’essere rispettivamente il soggetto politico o la coalizione vincente.
La risposta di Mattarella potrebbe dipendere dalla capacità dell’uno o dell’altro dei players di attrarre sostegni parlamentari, in termini di accordo di governo, di appoggio esterno, di sostegno su singoli temi o altro. In ogni caso, se la scelta non risultasse chiara, il presidente potrebbe aprire una fase interlocutoria, conferendo un incarico esplorativo, con il quale un soggetto diverso dal presidente è da lui chiamato a svolgere nuove consultazioni. È un’attività istruttoria di supporto al presidente.
Ora, il secondo punto. Supponiamo che conclusivamente non emergano certezze su una stabile maggioranza numerica in parlamento. Potrebbe il presidente comunque conferire l’incarico di formare il governo? La risposta è sì. Napolitano non volle farlo con Bersani. Mattarella potrebbe farlo oggi. E va ricordato che il voto di fiducia è a maggioranza semplice, non essendo richiesta la metà più uno dei componenti.
Vedremo. Ne potremo uscire, grazie al popolo sovrano che ha bocciato le riforme renziane, e nonostante la legge elettorale da lui così fortemente voluta. Intanto, il quasi-dimissionario ci ricorda il capitano Achab, che sacrificò tutto all’inseguimento di un miraggio. Che poi lo trascinò in fondo al mare. E si trattava, come sappiamo, di una grande balena bianca.

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