COMMENTO

Uk, Usa e Svizzera sono i veri paradisi fiscali

Finanza e banche
LUCA MANESEUROPA/USA

Il Tax Justice Network ha reso noto all’inizio di questa settimana il nuovo «Financial Secrecy Index», che dal 2009 mette in fila i paesi meno trasparenti in materia fiscale e finanziaria.
Prima in classifica si conferma la Svizzera. Seguono gli Stati uniti e le Isole Cayman, ma se il Regno Unito e le sue dipendenze e possedimenti oltre mare fossero considerati come un’unica entità si piazzerebbero in cima alla lista. Insieme alle Cayman, infatti, si “distinguono” anche le isole del Canale Jersey e Guernsey, le British Virgin Islands e le Bahamas, oltre alla stessa Gran Bretagna, visto che la City di Londra è da tempo considerata a tutti gli effetti un vero e proprio paradiso fiscale. 
Per una volta non spicca l’Italia, solo 41esima sulle 112 «concorrenti», mentre è notevole l’ascesa degli Usa (sesti nel 2013), con Delaware, Wyoming e Nevada a guidare la corsa degli stati più opachi e piegati agli interessi del mondo del business. L’amministrazione a stelle e strisce ha rifiutato di aderire agli standard Ocse sullo scambio automatico di informazioni e ha invece imposto agli altri paesi una sua legislazione (il Fatca). 
Il risultato è che si assiste a un flusso di informazioni da tutti i paesi del mondo verso gli Usa ma non dagli Usa verso il resto del globo. 
Per il suo studio, l’organizzazione globale Tax Justice Network utilizza sia il criterio del grado di segretezza del Paese analizzato che quello delle dimensioni dei singoli centri finanziari in termini di servizi offerti ai non residenti. 
L’immagine che esce dal rapporto è senza dubbio più aderente alla realtà rispetto alla lista nera dei paradisi fiscali compilata dall’Unione europea. L’ultima conta solo 17 paesi, visto che otto, tra cui Panama, Grenada e le Barbados, sono state «depennati». Molto spoglia (ci rientrano solo Costa Rica, Malesia, Filippine, Uruguay) anche la black list della Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), di cui fanno parte le economie più avanzate del Pianeta. 
Il Tax Justice Network ricorda che nelle giurisdizioni segrete sono nascosti tra i 21 e i 32 trilioni di dollari e che si stima che ogni anno i flussi finanziari illeciti transfrontalieri ammontano a circa 1,5 trilioni di dollari, molto più dei 135 miliardi di dollari destinati agli aiuti allo sviluppo. Dagli anni Settanta l’Africa ha così perso almeno un trilione di dollari a causa della fuga di capitali, a fronte di un debito esterno che attualmente si attesta sui 200 miliardi di dollari. 
Queste cifre rappresentano una delle principali ragioni della mancata crescita economica del «Continente Nero».
La mancanza di trasparenza è sinonimo di riciclaggio di denaro sporco, crimini finanziari, corruzione ed evasione fiscale.
Qualche debole segnale di speranza però c’è. 
Vari paesi (ma evidentemente non la Svizzera e gli Stati Uniti) hanno iniziato a scambiarsi in modo automatico informazioni sui conti bancari intestati a cittadini stranieri. 
Ma non basta. «Se vogliamo porre fine alla corruzione, alle frodi fiscali e al riciclaggio, i maggiori centri finanziari del mondo devono darsi una regolata. E poiché non sono disposti a farlo volontariamente, le Nazioni Unite dovrebbero creare una convenzione globale per porre fine alla segretezza finanziaria una volta per tutte» ha dichiarato Alex Cobham, direttore del Tax Justice Network.
«Gli effetti dell’esistenza delle giurisdizioni segrete – ha sottolineato Liz Nelson, responsabile per il programma Diritti umani della rete internazionale – si abbattono soprattutto sui paesi in via di sviluppo, dove i danni dell’evasione fiscale internazionale sono incalcolabili».

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