COMMUNITY

Ha vinto chi aveva torto e ha perso chi aveva ragione

Sinistra
FRANCO MONACOITALIA/ROMA

Pur consapevole della difficoltà dell'impresa, ho dato una mano a Pisapia e al suo Campo Progressista. La sua rinuncia testimonia che quel progetto non era praticabile. L'indisponibilità a calendarizzare (neppure approvare!) lo ius soli al Senato è stata solo la goccia finale. La ragione sociale di Campo Progressista era infatti tutta politica. Semplifico: da un lato il dissenso da chi, a sinistra, si assume la responsabilità di una lacerante divisione del campo del centrosinistra che, plausibilmente, si proietterà oltre la imminente competizione elettorale, dando corpo a una sinistra minoritaria e priva di ambizione di governo; dall'altro il rifiuto di rassegnarsi a una lista civetta subalterna e servente il Pd renziano. La stessa enfatizzazione dello ius soli si spiega non solo con la convinzione del rilievo (civile, prima che di sinistra) di esso, ma anche come test quantomeno di una discontinuità, di una correzione di rotta del Pd, considerato che esso si nega anche solo a una qualche autocritica. Di più: Pisapia aveva posto anche una condizione circa il perimetro del "nuovo centrosinistra". La si è rappresentata impropriamente come una discriminante anti-Alfano. Troppo e troppo poco. Piuttosto si chiedeva che risultasse chiaro il senso di una limpida alternatività al centrodestra, come al tempo dell'Ulivo. Anche per scongiurare inciuci futuri.
Non ci si è riusciti: giusto provarci, onesto riconoscere che quel progetto è fallito. Dal mio punto di vista, ha vinto chi aveva torto (a dividere), ha perso chi aveva ragione (a unire). Anche se ragioni e torti, vittorie e sconfitte le certificheranno presto gli elettori. Errori sono stati commessi, ma - inutile girarci intorno - la madre di tutte le cause mi pare chiarissima: il partito di Renzi (espressione appropriata) ha ostinatamente chiuso la porta per tre lunghi anni a chi invocava la coalizione, in nome di una presuntuosa, velleitaria autosufficienza e, solo con clamoroso ritardo, non per convinzione ma per costrizione e disperazione, ha dichiarato di avere cambiato idea. Varando altresì una legge elettorale che contempla solo apparentamenti elettorali su un terzo di seggi, non vere coalizioni.
Leggo di liste "alleate" al Pd. Una anche presuntamente alla sua sinistra. Dubito che essa, senza più Pisapia, possa riuscire laddove egli ha preso atto di una impossibilità. Temo si risolva esattamente in una lista civetta, un cespuglio, un'appendice del Pd renziano, un mix di sigle di partitini estinti. Una lista priva di un suo profilo autonomo, competitivo e, in certo modo, alternativo al Pd; una lista che non aggiunge nulla politicamente ed elettoralmente. Per un elettore, tanto varrebbe votare il Pd. Mentre la scommessa era (parlo al passato) di arricchire e differenziare l'offerta politica verso il vasto elettorato democratico e di centrosinistra. Una parte non piccola del quale, a torto o a ragione, non vota Pd, ma neppure si rassegna alla divisione oggettivamente prodotta da "Liberi e Uguali". Perché non prendere sul serio le ragioni per le quali Pisapia ha rinunciato? Spero di sbagliare, ma davvero incombe lo scenario siciliano.
Postilla: non vedo come l’Ulivo, un progetto maiuscolo, possa essere associato a una iniziativa di così corto respiro.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it