VISIONI

Claver Gold: «Il mio rap d’autore»

Fabri Fibra e Ghemon collaborano nel suo nuovo album , «Requiem»
LUCA PAKAROVITALIA

Dimenticate l’hip hop dei lustrini e immergetevi in un disco introspettivo, cordone ombelicale fra le contraddizioni del mondo e una vita interiore ricca e tormentata. Requiem è il nuovo album di Claver Gold (Glory Hole Records), ascolano classe ’86, forse il rapper più significativo fra gli indipendenti. Tante tracce, 17, ispirate dall’autobiografia e modulate da feat importanti come Fabri Fibra, Murubutu, Davide Shorty, StephKill, E-Green, Lord Bean, Ghemon e Rancore.
GOLD CI RACCONTA che a 14 anni appese in camera una foto di Lord Bean ritagliata, poi si passa alla scena hip hop marchigiana, un laboratorio di eccellenze sia nel mainstream che fra gli indipendenti: «Sì, nel sottobosco c’è qualcosa di pulsante che ancora si muove, ci sono molti gruppi che vanno da Ancona a Pesaro, da Macerata ad Ascoli, molti freestyler e rapper che provano a uscire dal mucchio e tantissimi producer validi. Non è semplice farsi notare ma si respira ancora hip hop nella provincia marchigiana». Dejavù senza fiato è un pezzo con Fibra (originario di Senigallia) e parla proprio della provincia. Eppure l’hip hop, per la sua discendenza newyorkina, richiama l’immaginario della metropoli: «Quando si pensa al rap viene subito in mente NY, oppure Roma o Milano, non Ascoli Piceno o Senigallia. Quando si vive in una grande città si tende a far diventare il proprio quartiere come una piccola provincia, con lo stesso bar o ristorante. Spesso è la metropoli che diventa provincia per chi la vive. Le cose accadono in ogni zona del mondo, ma soprattutto dentro noi stessi, noi trasformiamo un avvenimento in un testo. Io mi sono avvicinato alla cultura hip hop grazie al writing, in seguito ho scoperto il rap come forma di espressione».
LO STORYTELLING è dettato da una sensibilità spiccata, in Requiem 55 il MC si fa perdonare di un passato difficile: «Probabilmente Requiem 55 è il brano a cui tengo di più. Grazie alla produzione di Dj West sono riuscito a liberarmi di un po’ di fantasmi del passato e a raccontare un altro pezzo della mia storia. Sicuramente ho da farmi perdonare molto dagli amici e dalla famiglia. È un brano molto personale che lascia poco spazio all’immaginazione». Oltre alla letteratura e al cinema, ha riferimenti nel mondo del cantautorato: «Ho apprezzato Calcutta che ho avuto il piacere di conoscere: lui è quello che scrive. Poter cantare sé stessi senza mentire per sembrare altro per diventare un personaggio, è quello che amo del cantautorato. Sono cresciuto ascoltando Capossela, De Andrè, Gaetano e tantissimi altri che hanno contribuito alla mia crescita artistica, specialmente nella scrittura». È un album complesso quanto denso in cui spicca il tono malinconico su basi old school con strofe e tecniche elaboratissime.
UN RAP d’autore che segue la sua strada in controtendenza, in Non c’è show dice «Sono rimasto povero ma onesto»: «Rap d’autore è una definizione che mi piace. Direi che a essere in controtendenza è il mainstream, io faccio ciò che mi è stato trasmesso dalla cultura hip hop. Sono libero di scrivere quello che voglio e non ambisco a nessun tipo di successo. Sono rimasto fedele alla linea, senza dover cambiare sound per mangiare…. Se nei video non sparo i soldi da una pistola giocattolo non significa che guadagni meno di loro. Comunque i conti si fanno alla fine».

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