Ne Le vergini delle rocce del 1895, Gabriele d’Annunzio fa dire a Claudio Cantelmo: «A ogni momento, le concordanze delle cose ponevano il mio spirito in uno stato ideale porgendo esse una materia armonica alla mia sensibilità e alla mia imaginazione». E prosegue: «Assistevo in me medesimo alla continua genesi d’una vita superiore in cui tutte le apparenze si trasfiguravano come nella virtù di un magico specchio». Ne Il Fuoco, pubblicato nel 1900, una constatazione simile vale per Stelio Effrena, «giunto a compiere in sé stesso l’intimo connubio dell’arte con la vita e a ritrovare così nel fondo della sua sostanza una sorgente perenne di armonie». Il connubio dell’arte con la vita genera «un mondo portentoso» che si rinnova con un «atto di continua creazione», una vita superiore che si configura come un rispecchio capace di riflettere e far vedere «in ogni aspetto delle cose uno stato dell’anima», come si legge in una pagina de Il piacere (1889). Riflettere, rispecchiare è un atto conseguente al ‘vedere’. Nel Journal intime di Henri Frédéric Amiel, alla data del 5 febbraio 1853, si legge: «Ce que nous voyons c’est notre âme dans les choses». Vedere uno stato dell’anima nostra nelle cose equivale dunque, per Amiel, ad un vedere in immagine. Ed è così che anche in d’Annunzio l’immaginare si determina come un contornare con nettezza, un delineare e dar forma a ‘specie ideali’. Torniamo alla pagina de Il Fuoco. Leggiamo che Effrena «era giunto a perpetuare nel suo spirito, senza intervalli, la condizione misteriosa da cui nasce l’opera di bellezza e a trasformare così d’un tratto in specie ideali tutte le figure passeggiere della sua esistenza volubile». Dal vedere al visibile e dal visibile all’immagine. Cito ancora da Le Vergini delle rocce: «Io imaginai la voluttà della pietra invasa dalla fresca e fluida vita; finsi in me medesimo l’impossibile brivido». Immaginai, finsi in me medesimo. Dare compimento - «compiere in sé stesso». Farsi per immedesimazione pietra. Imago, fictio: un manifestare, un far apparire, un configurare, un dar forma. Dunque gradi e ambiti indistinti quello del vedere rispecchiandomi (o del vedermi rispecchiato) o sia del visibile; e quello dell’invisibile, del fingere o dell’immaginare. Johann Georg Hamann (1730-1788) aveva detto: «L’essenza invisibile della nostra anima si manifesta per mezzo di parole». Dunque è in parole che la concordanza delle cose con lo spirito si istituisce, conformandosi come specie ideale, «materia armonica» di sensibilità e ‘imaginazione’, come ripete d’Annunzio ne Il piacere. Effrena, «dotato d’una straordinaria facoltà verbale, riusciva a tradurre istantaneamente nel suo linguaggio pur le più complicate maniere della sua sensibilità con una esattezza e con un rilievo così vividi che esse talvolta parevano non più appartenergli, appena espresse, rese oggettive dalla potenza isolatrice dello stile». Da tale «combustione» sorgevano, sostiene d’Annunzio, «le imagini belle in cui egli soleva convertire la sostanza della sua vita interiore». La voce di Effrena, «limpida e penetrante, pareva disegnare con un contorno netto la figura musicale di ciascuna parola». Assai si acquista, credo, se proiettiamo questa locuzione - figura musicale di ciascuna parola - sullo sfondo di alcuni riferimenti. Quelli che vengono ad intrecciarsi quando in musicale si significhi non solo alcunché di costituito secondo regole della musica, cioè musicalmente; ma nella consapevolezza della forma che è la cognizione propria delle Muse. Ovvero quanto consente di delineare armonicamente (con gusto, arte, finezza; squisitamente, convenientemente che è il modo del formulare eccellente) la nettezza del figurato (quell’‘esattezza’ di cui parla d’Annunzio), appunto perché armonico, ovvero proprio delle Muse come Platone insegna nel Fedro.
Credo non sia un forzare o, men che meno, uno snaturare se si mantiene in musicale quanto segnala la connessione stretta con il comporre - formulare, istituire, costituire - che è dire con la poesia. Poesia, là dove in ciascuna parola l’elemento musicale, sonoro, agisce in figura musicale - costrutto delle Muse - perentoriamente.