ECONOMIA

«Il tavolo prometteva bene, Emiliano ritiri il suo ricorso»

ROSARIO RAPPA, SEGRETARIO FIOM CGIL
ANTONIO SCIOTTOitalia/taranto

«Riteniamo sbagliato e inopportuno il ricorso al Tar presentato dal governatore pugliese Emiliano non certo perché non abbiamo a cuore la salute dei cittadini, per noi pre-condizione rispetto a qualsiasi piano industriale. Il fatto è che attraverso il tavolo con il governo e Mittal avevamo già acquisito 2,7 miliardi di euro di fondi per la decontaminazione, e la sospensione decisa dal ministro Calenda in seguito a quel ricorso rischia di far ritardare e gettare tutto all’aria». Il segretario nazionale Fiom Cgil Rosario Rappa spiega così lo scontro che si è aperto tra i sindacati e le istituzioni locali sul futuro dell’Ilva. Come la Fiom, ieri anche Fim e Uilm hanno criticato pesantemente il presidente della Regione e avanzato la richiesta che ritiri il suo ricorso al Tar contro il decreto del consiglio dei ministri che ha dato l’ok all’Aia, il piano di risanamento ambientale elaborato dalla cordata di acquirenti Am InvestCo (gli indiani di Arcelor Mittal e l’italiana Marcegaglia).
Emiliano e Melucci, sindaco di Taranto, sostengono che il decreto del governo rinvia il problema dell’ambiente di cinque anni, fino al 2023, e che pertanto per tutelare la salute dei cittadini era fondamentale impugnarlo. Visto il forte inquinamento a cui è esposta la città, una soluzione radicale non è forse l’unica possibile? Non rischiate che il sindacato venga visto in contrapposizione alla tutela della salute pubblica?
Per quanto riguarda la Fiom, non si ritiene certo che l’Aia presentata da Am InvestCo e poi approvata dal consiglio dei ministri lo scorso settembre sia adeguata o sufficiente. Lo confermano le osservazioni che avevamo presentato in attesa di una conferenza dei servizi che non si è poi mai fatta, perché il governo ha deciso di approvare l’Aia da solo. Il problema è un altro: negli ultimi tavoli, quelli di questa settimana, avevamo acquisito che si sono recuperati 1,5 miliardi di euro in più per l’ambientalizzazione e decontaminazione, da aggiungere agli 1,2 sequestrati ai Riva. Si stava dettagliando un piano di bonifica interessante: lavoro che rischia di saltare con la sospensione della trattativa. Alla base di tutto, comunque, c’è un elemento: da anni la Fiom e la Cgil mettono l’ambiente al centro, al pari del tema occupazione.
Da anni? Come?
Il processo «Ambiente svenduto», in cui peraltro la Fiom si è costituita parte civile, e io personalmente sono testimone, è stato originato da una quarantina di cause intentate fin dagli anni Settanta con i nostri legali: processi in cui con sentenze definitive si è accertato il rapporto causa-effetto tra la morte degli operai e l’inquinamento. E siamo stata l’unica organizzazione che non ha scioperato quando i giudici hanno fermato la produzione, mentre gli altri sindacati sono andati in piazza a manifestare sotto la Procura. In coerenza con queste posizioni, abbiamo posto l’ambientalizzazione come pre-condizione per la vendita alla cordata di Mittal, e possiamo esercitare il nostro diritto di veto al tavolo: quindi le trattative sono importanti.
Dal tempo delle vostre osservazioni sull’Aia, condivise dalle associazioni ambientaliste, dall’Arpa e dalle istituzioni locali, insomma dite di aver visto avanzamenti significativi. Però Regione e Comune si sono sentiti esclusi dagli ultimi tavoli.
Il governo ha sempre tenuto le istituzioni locali su tavoli separati, ma nella trattativa avevamo avuto l’impegno ad affrontare anche con loro nei prossimi incontri alcuni temi che restano aperti. Intanto, all’inizio di questa settimana, abbiamo saputo che si sono recuperati - come ho già spiegato - 2,7 miliardi complessivi per il risanamento ambientale, e non mi sembra una cifra trascurabile. Poi si era ottenuta l’anticipazione a gennaio 2018 dei lavori di copertura dei parchi minerali, quelli da cui si diffondono le polveri che coprono la città. Se si continua a trattare c’è la possibilità di dettagliare altro: ad esempio noi abbiamo proposto lo spegnimento del coke senza emissioni, da effettuare non più ad acqua, ma per «soffocamento», in un recipiente senza ossigeno. E poi si può, si deve, incrociare il tema del piano industriale, con l’ambiente e la tutela della salute.
Non vi soddisfa neanche il piano industriale?
No, perché non presenta vere innovazioni. E poi noi vorremmo che si andasse oltre i limiti fissati dal ministero dell’Ambiente, tenendo conto non solo dei livelli di inquinamento ma anche del correlato danno sanitario. Per questo, oltre a chiedere al governatore Emiliano di ritirare il suo ricorso, chiediamo al ministro Calenda di mostrare senso di responsabilità, riaprendo il tavolo. La sentenza del Tar si può aspettare senza fermare i negoziati, come stiamo già facendo con l’atteso verdetto dell’Antitrust Ue.

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