VISIONI

Giappone 1911, la rivoluzione di Seito

Maboroshi
MATTEO BOSCAROLgiappone

«Il giorno quando le montagne si muoveranno sta arrivando/Quando dico ciò, nessuno mi crede/Le montagne hanno dormito solo temporaneamente/Nell’antichità le montagne, infuocate, si muovevano/Nessuno ci crede/Ma, tutti voi, ci credete/Tutte le donne che erano addormentate/sono ora sveglie e si stanno muovendo». È questa una delle tante poesie che impreziosirono e inaugurarono il tono ed i contenuti del primo numero della rivista letteraria giapponese Seito (Calze blu), pubblicata nell’arcipelago nel 1911. Fondata da Raicho Hiratsuka, femminista, letterata, attivista e praticante zen, una delle figure femminili asiatiche più importanti del secolo scorso, la rivista ebbe un ruolo importantissimo nella (contro) narrazione femminile e rivoluzionaria della società pre-bellica giapponese. Il periodo era quello Taisho (1912-1926), un’era che viene generalmente ricordata come un rinascimento per le arti e per il processo di democratizzazione del paese, il Giappone nei decenni successivi sarebbe però progressivamente disceso nell’abisso dell’imperialismo, della mobilitazione totale e della guerra. Hiratsuka, assieme ad un gruppo di quattro amiche laureate nella da poco fondata Università delle Donne, iniziò le pubblicazioni della rivista soprattutto con il fine di liberare le donne dalla morale (maschile)dominante e dalle restrizioni imposte dalla società giapponese dell’epoca sulle donne, in modo da fornire ad ogni persona di sesso femminile la possibilità di esprimere la propria individualità ed i propri talenti. Hiratsuka stessa non intendeva il giornale come un atto di pura protesta sociale, anzi, anche se inevitabilmente le posizioni e la libertà espressa sulle pagine di Seito non poterono che destare scalpore e creare indignazione. Secondo il gruppo infatti, per poter permettere all’individualità femminile di esprimersi, la famiglia «tradizionale» di stampo patriarcale doveva essere distrutta ed inoltre, per le stesse ragioni, la perdita della verginità pre matrimoniale era ritenuta un passo quasi indispensabile.

Lo scalpore di queste posizioni e le reazioni degli strati borghesi della società nel 1915 fecero abbandonare la rivista a Hiratsuka che non voleva essere considerata solo una sovversiva, anche se poi dopo la Seconda Guerra mondiale fu in prima persona e indirettamente ispirazione per molte attiviste e femministe giapponesi, e così Seito passo sotto la direzione di Noe Ito. Una delle figure femminili giapponesi più affascinanti del secolo scorso, Ito fu un’anarchica e iconoclasta modernista animata da uno spirito rivoluzionario che trasmise, appena diciannovenne, alla rivista stessa che guidò «senza regole, senza strategie prefissate e senza sostenere nessuna causa», secondo le sue stesse parole. Questa condotta selvaggia e rivoluzionaria si riflesse anche nella sua vita privata, la giovane si legò sentimentalmente all’anarchico Sakae Osugi, sposato e fervente praticante dell’amore libero, che sfociò in un ménage à quatre fra Ito, Osugi, sua moglie e Ichiko Kamichika, un’altra attivista politica, relazione portata anche sul grande schermo da Kiju Yoshida nel capolavoro del 1969 Eros + massacro. Nel caos scoppiato subito dopo il Grande Terremoto del Kanto del 1923, Ito, Osugi e la sua nipote di sei anni furono catturati dalla polizia, torturati e barbaramente uccisi.
In un periodo in cui Abe ed il suo governo hanno più volte dichiarato che una delle novità con cui intendono traghettare il paese nella sua nuova fase è quella di dare più spazio e possibilità alle donne, per ora parole più che vuote al di sotto delle quali continua a prosperare il maschilismo più becero, partire dalla letteratura e dalle arti come fatto dal gruppo Seito più di un secolo fa potrebbe essere più di un auspicio.

matteo.boscarol@gmail.com

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