COMMENTO

Ius soli, lo spiraglio aperto dai cittadini

LUIGI MANCONIITALIA

Ora lo si può dire: l’obiettivo della riforma delle norme sulla cittadinanza, Ius soli e Ius culturae, è raggiungibile. Non ne abbiamo la certezza assoluta e, tanto meno, il successo è a portata di mano. Ma - questo il punto - oggi è infine possibile. Di chi è il merito?
Se accadrà e quando accadrà, si dovrà evitare l’indecorosa corsa ad assumersene il merito. Dunque, qui si scrive a futura memoria. E, come prova inconfutabile, ecco la più recente cronaca degli eventi. Fino al cinque ottobre e persino oltre, il provvedimento sulla cittadinanza era, per valutazione unanime (da Matteo Renzi a Maria Elena Boschi fino a tutto il centrodestra), definitivamente archiviato. O meglio: rinviato alla prossima legislatura, che poi è la stessa cosa che dichiararne il differimento a tempi migliori. Che non è detto arriveranno mai. In altre parole, lo Ius soli era destinato all’oblio dopo una sepoltura nemmeno troppo degna. Poi, qualcosa è radicalmente cambiato. Mentre la rete degli «italianisenzacittadinanza» proseguiva con rinnovata lena nella sua mobilitazione, in corso da anni, il 3 ottobre - Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione - ha costituito l’occasione per un forte rilancio dell’iniziativa.
Quel giorno, un numero consistente di insegnanti (oltre 900) si sono astenuti dal cibo, e hanno spiegato ai loro alunni che quella legge riguarda innanzitutto proprio loro, docenti e studenti, perché è nelle classi del sistema scolastico nazionale che 800. 000 minori stranieri si formano come cittadini italiani accanto ai coetanei che qui sono nati. Il giorno successivo due, tre parlamentari hanno raccolto e rilanciato l’iniziativa del digiuno. Da qui tutto un movimento che ha raccolto le volontà di tanti e le aspettative di una parte significativa della nostra società, e che si può tradurre in questi numeri: migliaia di persone di tutti i mestieri e le culture che hanno aderito all’iniziativa e migliaia che proseguono nello sciopero della fame a staffetta (di recente, avvocati e magistrati di Milano e Monza e decine di consigli comunali). E così il tema della riforma della cittadinanza è tornato nuovamente al centro dell’attenzione pubblica.
E questo ha indotto il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ad affermare che è impegno suo e del governo, entro questa legislatura, far sì che «i bambini figli di stranieri e nati in Italia possano avere diritto alla cittadinanza» (14 ottobre). Numerosi i ministri che si sono dichiarati pienamente favorevoli: quello delle Infrastrutture e quello degli Interni in primo luogo, e poi via via altri. Questo consente di dire che, probabilmente negli ultimi dieci giorni di novembre, lo Ius Soli tornerà in aula al Senato, forse con un voto di fiducia. E ciò accadrà appena qualche settimana dopo la conclusione positiva della campagna «Ero Straniero. L’umanità che fa bene» per il superamento della legge Bossi-Fini. Un risultato ancora più significativo perché ottenuto in uno dei periodi culturalmente più cupi della storia recente, quando le ansie collettive di una parte della società nazionale vengono più torbidamente manipolate e tradotte in moneta elettorale da parte degli imprenditori politici della paura e dell’odio. Quest’ultima campagna merita grande attenzione: sostenuta da un solo soggetto politico organizzato, i Radicali italiani guidati da Riccardo Magi ed Emma Bonino, è riuscita a realizzare una delle più estese alleanze sociali e civiche mai tessute nel nostro paese negli anni recenti. Un numero rilevantissimo di associazioni nazionali e locali (e mi rifiuto di aggiungere l’abusato e superfluo «laiche e cattoliche») vi hanno partecipato dando vita - in quelle che sembravano le condizioni ambientali più ostili - a una amplissima discussione pubblica sui temi dell’immigrazione e dell’asilo. E hanno introdotto la risorsa e il metodo del pensiero razionale, laddove sembrava dominare incontrastato il panico delle ansie collettive.
Capisco che possano sembrare numeri ridotti. Ma quelle 85.000 firme e quei 4.000 tavoli e, ancora, le migliaia di persone che si stanno preparando a sostenere la scadenza parlamentare decisiva per l’approvazione dello Ius Soli, rappresentano un segnale importantissimo. C’è una volontà «di umanità» e - ancora più essenziale, se possibile - di razionalità e di intelligenza che sembra non volersi arrendere. Ed è molto significativo che i percorsi attraverso i quali questa volontà si adopera per manifestarsi, non sono esclusivamente né principalmente quelli rivelatisi sordi e impermeabili: quelli, cioè, delle grandi istituzioni politiche (partiti compresi). Di queste ultime non si può fare a meno - lo Ius Soli, solo il Senato può approvarlo - e, tuttavia, di esse non si accettano supinamente i veti e i tempi, le compatibilità e i vincoli. Così facendo, quasi sempre si finisce con il perdere. Stavolta, forse, si può vincere.

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