LA NOTIZIA DEL GIORNO

Al voto il 38,3% degli elettori: si fa presto a dire «flop»...

LOMBARDIA, IN PROVINCIA DI BERGAMO LA PERCENTUALE PIÙ ALTA
LUCA FAZIOitalia/lombardia

Il giorno dopo, sul tavolo della Lombardia, c’è un bicchiere con dentro 2 milioni 869.797 voti e tutt’intorno gente rimasta a secco che si dà gran pena per capire se quel bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. Ancora una volta a morire di sete sono gli elettori di sinistra.
Roberto Maroni ha vinto oppure no? Questo l’argomento che in effetti si presta a duplici e complesse letture, per cominciare però è più facile dire chi ha sicuramente perso anche questa volta: il Pd, che in disordine sparso ha deciso confusamente di votare Sì, e la sinistra non pervenuta e sparpagliata che ha deciso per l’astensione e in misura minore per il No (3,9% cioè 118.668 voti). Stesso discorso vale per il voto più consistente dei 5 Stelle che si sono prestati a lanciare la volata all’unico vincitore autoproclamato da tempo, quella vecchia volpe di Bobo Maroni che tatticamente si è dimostrato furbo ed esperto come Luciano Spalletti (squadra piuttosto scarsa ma ottimi risultati). L’ex braccio sinistro lumbard di Umberto Bossi certo non gode del consenso di un Luca Zaia eppure è ancora lì, in testa alla classifica, un primato che peserà anche nei rapporti con il capo nazional-sovranista della Lega Salvini.
La Lombardia non sarà il Veneto - lo dice la storia, soprattutto di Milano - ma è da imprudenti definire modesto o fallimentare il risultato del referendum "farlocco" del governatore leghista sull’autonomia, per di più a pochi mesi dalle regionali del 2018: è andato a votare il 38,3% dei lombardi (95,2% per il Sì, 3,9% per il No). A Milano città, come prevedibile, l’affluenza è stata molto più bassa (26,3%), segno che la retorica autonomista contro il «centralismo romano» non attecchisce più di tanto dove già ci si pavoneggia da città-stato (in provincia di Milano 31,2%).
La provincia dove si è votato di più è quella di Bergamo (47,37%), a seguire Brescia (44,14%), Lecco (44,78%), Sondrio (42,31%), Como (41,64%), Cremona (39,90), Monza (39,52%), Varese (39,44), Lodi (39,39), Mantova (35,87) e Pavia (33,55). In numeri assoluti - e fanno più impressione - sono comunque 2 milioni e 869.797 persone che nella regione più ricca d’Italia hanno abboccato al discorso leghista.
Qualcuno dice troppo pochi, ma anche la matematica a volte è solo un’opinione. Ha una sua logica ma solo numerica il ragionamento di chi sostiene che la somma di tutti i partiti che si sono orientati per il Sì (con riferimento alle regionali del 2013) avrebbe dovuto dare una percentuale vicina all’80%. Ma il dato politico si presta anche ad altre considerazioni da non sottovalutare, inoltre i partiti ormai da tempo non sono più in grado di orientare il proprio presunto elettorato, specialmente su quesiti di natura referendaria.
Intanto, senza scomodare Gramsci e il concetto di egemonia, la Lega - e il centrodestra a rimorchio che non ha mosso un dito per la campagna - hanno vinto perché sono riusciti a definire il terreno del confronto resuscitando un pensiero autonomista che sembrava morto e sepolto. Risultato: il venticello del nord ovest ha sbaragliato avversari inconsistenti e balbettanti (alle regionali il candidato del centrosinistra Giorgio Gori, che domenica ha votato Sì, farà la fine di tutti gli altri che hanno sfidato Maroni, presto dimenticati).
Il 38% di partecipanti non è la rivoluzione, vero, ma non bisogna trascurare il fatto che si trattava solo di un noioso referendum consultivo senza un minimo di contraddittorio, i partiti infatti erano quasi tutti per il Sì. E che a Milano, alla fine della campagna elettorale più lunga e chiacchierata per la presa di Palazzo Marino, solo la metà degli elettori si è presa la briga di scegliere tra Sala e Parisi. E, a proposito di astensionismo, chi ironizza sul flop di Maroni - qualche eminenza grigia del pensatoio Pd - dovrebbe ricordare il dato dell’affluenza alle ultime elezioni regionali in Emilia Romagna: un disastroso 37,7%. C’entra molto poco, ma visto che ci si sta esercitando a partire dalle nude cifre, non va dimenticato che il referendum in Catalogna è stato votato dal 42% degli aventi diritto al voto.
Come premio politico di consolazione, molti possono continuare a giocare al tiro al piccione sottolineando il parziale flop del voto elettronico lombardo (lungaggini imbarazzanti nello spoglio a causa di chiavette ingarbugliate) e i milioni buttati dalla Regione per acquistare migliaia di tablet. Pagliacciate e sprechi. Discorsi "egemonici" di una certa consistenza che però hanno fatto il loro tempo. Serve altro, non solo in Lombardia, per tornare al centro della scena.

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