CULTURA

La Parigi antica di Caterina

EVER TEEN
DI GENOVA ARIANNA,

Con gli occhiali, la vita sembra più chiara, ma poi non è sempre così vero. Caterina Certezza - che inforca e toglie le sue lunettes insieme al padre - è ormai grande, ha lasciato Parigi per l'America ed è diventata una ballerina, proprio come sua madre, danzatrice che per anni si era misteriosamente «eclissata». Aveva abbandonato il decimo arrondissement e, con il quartiere, la sua famiglia: unico contatto, alcune cartoline spedite con regolarità, con un'ortografia fantasiosa e i saluti affettuosi a tutti. Lì, dall'altra parte dell'oceano, erano comunque rimasti a vivere la figlia e uno strano marito, un po' truffaldino, tendenzialmente disadattato, costretto ogni giorno a inventarsi un'identità spendibile, oltre che sopportare un pedante collega nel suo m i s t e r i o s i s s i m o negozio che lavora solo di notte, spedisce pacchi nel mondo e ogni tanto inciampa nella solerzia dei doganieri, facendo temere un realistico incontro ravvicinato con la «gattabuia». Caterina ricorda la sua scuola, il quartiere e soprattutto i pomeriggi uggiosi nella «bottega» (prima che calasse alle sette la serranda), con il terribile monsieur Casterani che la inchiodava sui versi della poesia francese, infilando domande trabocchetto su scrittori e compiti assegnati Dove siamo? Siamo finiti fra le pagine del romanzo per piccoli lettori Caterina Certezza, un classico ormai, scritto dal premio Goncourt Patrick Modiano nel 1988 - la prima volta apparve su un magazine - e illustrato meravigliosamente da Jean Jacques Sempé, papà del fortunatissimo Nicholas, monello in stile Gian Burrasca tutto francese. Il tono del libro è doppio, perfettamente diviso a metà: da una parte, c'è una atmosfera malinconica - i passi di danza, i souvenir color pastello di una infanzia non proprio regolare ma piena di emozioni, le amiche, un genitore mai allineato alla quotidianità che saltella fra verità e bugie - e dall'altra, una scossa di ironia che attraversa i vari episodi, quasi delle schegge esistenziali, «fatti» normali che diventano epici soltanto perché affondano nelle nebbie di un passato che non c'è più e che fra i grattacieli di New York è forse difficile da immaginare e riportare in vita. Come per miracolo, in quegli anni lontani, c'era stata anche una bambina, Odile, che aveva apprezzato gli occhiali di Caterina, anzi li aveva voluti indossare a lezione di danza, invidiando moltissimo la vera miope. Poi, quando l'aveva invitata ad un cocktail a casa sua, desiderosa di stringere un legame, aveva inconsapevolmente costretto il signor Certezza, oscuro commerciante dell'export/import, a mentire con imbarazzo, a fingersi ricco con gli ospiti, sparando boutade e frasi ad effetto. Nonostante gli sforzi di darsi un tono, non si può dire che la sua condizione piuttosto misera fosse passata inosservata: inadeguatissimo, infatti, il completo marrone scuro. Un pugno nell'occhio tra gli abiti leggeri e di colori chiari, propiziatori dell'estate. Eppure quel padre svagato di Caterina non conosce l'angoscia del perdersi d'animo. E, quando sarà in America, vicino alla fuggitiva moglie, saprà ritrovare intatto il suo desiderio di affrontare il mondo, mescolando i punti di vista e alternando cattiva e buona sorte.

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