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Contro le larghe intese, anche in Europa, cambiamo la legge

ELEZIONI EUROPEE
FRASSONI MONICA,

Il 25 maggio prossimo ci saranno le elezioni europee. Si eleggeranno 751 deputati, di cui 73 in Italia. Nonostante il tradizionale proeuropeismo nostrano, 5 anni di austerità e la decisione cinica di Grillo e Berlusconi di cavalcare l'onda di scontento sbattendola contro l'euro e l'Europa faranno della prossima campagna elettorale un momento difficile; soprattutto se le forze che definiremo "pro" un'altra Europa e anti austerità finiranno schiacciate dalle urla demagogiche e opportuniste degli anti euro e i rigoristi del 3% delle larghe intese; le regole per le europee, enormi collegi, preferenze e sbarramento al 4%, favoriscono i ricchi e i famosi (meglio se televisivi) e concentrano in modo eccessivo la rappresentanza.
Il problema non è solo italiano. Il prossimo PE rischia di essere obbligato alla Grosse Koalition permanente e sistematica, se davvero astensionismo e demagogia nazionalista renderanno impossibile la dialettica progressisti-conservatori. E questa sarebbe una iattura. E' bene ricordare che, lungi dall'essere inutile e senza potere, dal PE co-decide l'80% delle leggi che poi saranno applicate negli stati membri. E' indispensabile un cambio di rotta assolutamente netto e per questo non bisogna smontare l'Europa, ma cambiarla. Parlare di riconquistare la "sovranità" in un mondo globalizzato in quasi tutto meno i diritti e la democrazia e nel quale gli europei rappresentano il 7% della popolazione mondiale è una pia illusione. Continuerà a non essere possibile cambiare la politica europea, se i socialisti e i popolari saranno obbligati anche dalla debolezza degli altri gruppi progressisti, verdi, sinistra europea e una parte dei liberali a trovare compromessi al ribasso su tutto.
Se si vuole una maggioranza pro-europea, pro-cambio e anti-austerità "uber alles" bisogna convincere gli europei a votare e allargare la rappresentatività del Pe.
In Germania l'hanno capito da tempo. La Corte Costituzionale federale tedesca, con una sentenza del novembre 2011, ha parzialmente accolto due ricorsi che contestavano la legittimità costituzionale della soglia di sbarramento al 5% in Germania. «La legislazione dell'Unione - si legge nelle motivazioni - non dipende da una costante maggioranza al Parlamento europeo, costituita da una stabile coalizione di gruppi determinati e alla quale si contrappone un'opposizione». Persino in un Paese dove un'alta soglia di sbarramento è una tradizione ultra solida, si è quindi accettato di tornare indietro.
In Italia, la soglia del 4% è stata introdotta nel febbraio del 2009 da Berlusconi e dal Veltroni della "vocazione maggioritaria" all'ultimo momento e senza alcuna considerazione europea, a tre mesi scarsi dalle elezioni. Ha ottenuto il nobile obiettivo di fare fuori forze politiche molto attive e presenti a Strasburgo, soprattutto a sinistra. Ha privato di rappresentanza italiana gruppi indispensabili a maggioranze progressiste e francamente non si è visto in questo alcun vantaggio. Oggi è chiaro che cambiare la legge è nell'interesse anche del Pd, se davvero l'europeismo anzi il federalismo di cui tutti i suoi esponenti di punta si fregiano è sincero. Se non si vorrà mettere mano alla legge europea al piu presto, si rischia di buttare nelle braccia di Grillo tutti coloro che non amano le larghe intese, ma non hanno alcuna intenzione di votare lega o Berlusconi. O di allargare l'astensionismo e dunque la delegittimazione dell'Ue, che deve certo cambiare, ma che rappresenta comunque l'orizzonte necessario per affrontare e risolvere tutte le grandi sfide del nostro tempo, che ormai fuori portata per i singoli stati europei: crisi economica e lavoro, transizione energetica, cambiamenti climatici e pace nel mondo. È necessario attivarsi non per favorire questo o quel partitino ma un'ampia mobilitazione, e una rappresentanza, che la soglia inserita nel 2009 renderebbe davvero difficile.

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