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La causa inascoltata dei giudici di pace

IN-CIVILE
LUCCA DARIA,

C'è un corpo giudiziario, in Italia, che svolge un ruolo fondamentale ma non è tutelato né dalla legge né dal governo. Sono gli oltre 2000 giudici di pace che, senza previdenza, senza garanzie, senza certezza di autonomia (poi si capirà perché) ogni anno macinano centinaia di migliaia di provvedimenti (quasi tutti civili, con qualche penale). Questo piccolo esercito ha dichiarato sciopero dal 25 novembre al 6 dicembre per protestare contro alcune decisioni che così brevemente si riassumono: la promessa non mantenuta da parte della ministra Cancellieri di rinnovare per un mandato quadriennale gli incarichi; i problemi irrisolti in seguito alla cancellazione di molti uffici con la nuova geografia giudiziaria; il disegno di legge di riforma del segmento presentato dal senatore pidiellino Giacomo Caliendo.
Cominciamo dal fondo, per semplicità e perché lo sciopero prende di petto proprio quest'ultima notizia.
Gabriele Longo, presidente dell'Unione Nazionale Giudici di Pace, una sorta di sindacato della categoria, spiega che la contrarietà alla proposta Caliendo nasce dal fatto che si tratta del medesimo «progetto già presentato a sua firma, ai tempi in cui era sottosegretario alla giustizia, già bocciato cinque volte in consiglio dei ministri perché palesemente incostituzionale e inadeguato, e accolto fin da allora con sei settimane di sciopero».
Secondo l'Unagipa, Caliendo non avrebbe fatto altro che prendere la legge del 1991, quella che ha istituito i giudici di pace, ed estenderla alle figure onorarie (non chiamate onorari i giudici di pace, non lo sono e non vogliono esserlo). «Mentre la riforma reale, che tutti noi auspichiamo deve prevedere quantomeno l'introduzione della previdenza, la certezza della continuità del mandato e le garanzie di autonomia e indipendenza».
Ma Caliendo è andato oltre. Grazie alla presidenza Nitto Palma della commissione giustizia del senato ha ottenuto di mettere subito in discussione il suo testo, bloccando in pratica eventuali altri progetti presentati alla camera e molto più graditi ai giudici di pace stessi.
Da qui, la contrarietà della categoria.
Proviamo ad esaminarlo un po' meglio, questo corpo giudiziario. Istituiti nel 1991 ed entrati in azione nel 1995, i giudici di pace hanno visto i contenziosi loro affidati salire dai 794 mila del 1996 al milione e 749 mila del 2011. Di questi, 556 mila sono cause di cognizione ordinaria, 458 mila sono opposizioni a sanzioni amministrative, 494 mila sono procedimenti speciali (si tratta in gran parte di decreti ingiuntivi per pagamenti al di sotto dei 5000 euro), 95 mila cause penali e circa 7000 provvedimenti di convalida o meno per gli immigrati.
Quanto a loro, sono avvocati, docenti, ex magistrati che possono anche esercitare la loro professione originaria purché in distretto differente da quello dove sentenziano.
Dal 1995, il loro mandato quadriennale è stato rinnovato due volte e poi solo più di anno in anno. Nessuno di loro gode di previdenza, neanche i più giovani. Nessuno di loro ha garantito il diritto di difesa di fronte al Csm in caso di contestazioni inoltrate da una delle parti giudicate. Piuttosto interessante il fatto che sia loro contestabile qualsiasi ritardo nel procedere oltre i 15 giorni fissati per ogni atto, considerando che la magistratura ordinaria non è censurabile neanche quando deposita le motivazioni di una sentenza otto anni dopo la chiusura del processo.
Infine, va tenuto presente che l'organico previsto dalla legge era di 4.700 unità e che si è arrivati ai 2000 di cui si è detto con il blocco del turn over a partire dal 2004, quando si concordò per la prima volta sulla necessità di una riforma.

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