Non è la prima inaugurazione di stagione dell'Accademia di Santa Cecilia che Antonio Pappano dedica a Benjamin Britten. Il War Requiem del 2005, anno del suo insediamento, era stata una sorta di «dichiarazione di intenti»; il Peter Grimes in versione concertante che sabato ha aperto la stagione - si replica domani, mercoledì 30 l'ultima serata - al Parco della Musica, celebra invece il centenario britteniano confermando la travolgente passione e propensione di Pappano per il teatro musicale. Qui torna a Peter Grimes dopo varie stagioni in cui ha ampliato e arricchito il repertorio operistico e sinfonico, e il risultato è avvertibile nella visione complessiva più nitida e meditata, per la paletta di colori più ricca, e in una più profonda sintonia con l'orchestra e il coro.
Nel raccontare i rovelli e le molte ambiguità del pescatore Grimes, Gregory Kunde, tenore di voce ampia e ammirevole nel fraseggio, trova un taglio interpretativo efficacissimo e toccante, a metà fra l'eredità di Peter Pears - compagno di Britten e primo interprete della parte - e la statura tragica di Jon Vickers (non a caso anche Kunde, una felice carriera da tenore belcantistica alle spalle - ha da poco affrontato Otello di Verdi, con gran successo). Accanto a lui Sally Matthews dà vita a una toccante e luminosa Ellen Orford. Di eccellente livello il cast, quasi tutti artisti britannici, fra cui spiccano Alan Opie, umanissimo Balstrode, Felicity Palmer, una Miss Sedley nevrotica, Susan Bickley come Auntie e l'estroverso Ned Keene di Roderick Williams. Estremamente coinvolti i complessi ceciliani, con l'orchestra che mantiene costante passo e tensione, senza accontentarsi della ribalta offerta dagli splendidi interludi marini, e il coro, sicuro nell'articolazione inglese, cui ha infuso anche la morbidezza del colore vocale italiano. Successo calorosissimo, con menzione di demerito per quel drappello di pubblico che ha trovato utile abbandonare la sala dopo l'intervallo.
Nessuna defezione invece per Turandot che all'Opera di Roma è tornata con successo, ma non nel previsto spettacolo con le scene di David Hockney, storica produzione già vista al San Carlo, bensì in un allestimento di Roberto De Simone (ripreso da Mariano Bauduin) nato per il Petruzzelli di Bari - in cartellone fino a giovedì. L'imponente scenografia di Nicola Rubertelli, la grande pagoda gremita di statue di terracotta di Xi'an, e le fantastiche presenze di coristi e comparse e coreuti (splendidi i costumi di Odette Nicoletti) affollano a tratti eccessivamente la scena, ma il taglio fiabesco e esotico della regia di De Simone nel complesso convince e conquista il pubblico. Asciutta, a tratti brutale la direzione di Pinchas Steinberg, che proietta l'opera verso gli esiti della scuola di Vienna, che le appartengono solo in parte, con risultati assai interessanti nelle scene delle maschere (ben cantate da Simone del Savio, Saverio Fiore e Gregoy Bonfatti), e nell'aria della protagonista, ma anche con più di uno squilibrio dinamico, tendente a un costante fortissimo, nelle scene d'assieme.
Sicura nel complesso la prova dell'orchestra, meno a fuoco quella del coro. Carmela Remigio incarna una Liù drammatica e partecipe, messa in valore anche dalle sue capacità di attrice e dalla scelta di terminare l'opera alla morte della schiava, senza il finale realizzato da Alfano (ma il finale Berio avrebbe offerto un omaggio nel decennale della morte del compositore). Il Calaf di Marcello Giordani non spicca per coinvolgimento sulla scena, ma offre canto molto sicuro e lo smalto di un timbro conservato pastoso e lucente. Evelyn Herlitzius come una Turandot convince a metà, ma si tratta sempre di un'artista di presenza scenica magnetica, con intelligenza capace di risaltare anche in partiche vocalmente le appartengono meno delle eroine wagneriane e straussiane (indimenticabile la sua recente Elektra a Aix en Provence, nell'ultima regia di Patrice Chereau). Particolare menzione per il Timur commosso di Roberto Tagliavini, e curiosa la presenza di Chris Merritt, imperatore Altoum al profumo di Gilbert and Sullivan.