INTERNAZIONALE

Shutdown, accordo sul debito raggiunto alla fine al Senato

Stati uniti /OBAMA «PLAUDE» E URLA CONTRO I REPUBBLICANI
CELADA LUCALOS ANGELES

Mentre scriviamo il leader democratico e quello repubblicano del Senato, Harry Reid e Mitch McConnell, hanno raggiunto l'intesa finale sulla misura che sbolcca lo shutdown per alzare il tetto del debito. A pochi minuti dalla notizia, la borsa di Wall Street ha subito registrato un guadagno di 200 punti. Ora, e questa sembra la novità, sarà la Camera a votare subito per prima il testo acquisito dell'accordo bipartisan. Poi toccherà al Senato. Il testo è una soluzione a tempo, non definitiva: porrà fine allo shutdown (la chiusura di molte attività federali) arrivato al 16esimo giorno, prolungando il bilancio fiscale al 15 gennaio 2014. Inoltre consentirà lo sforamento del tetto del debito (16.700 miliardi che sarebbe stato raggiunto dalla mezzanotte di domani negli Usa, le sei del mattino in Italia) fino al 7 febbraio. Lo ha annunciato lo staff del presidente della Camera, il repubblicano John Boehner.
Dopo l'ennesimo stop, al Senato il leader democratico Reid e quello repubblicano McConnell avevano ripreso le trattative, ma si erano subito detti «ottimisti» sull'accordo. La situazione politica che ha paralizzato il Congresso ha reso sempre più forte il timore per un downgrade degli Stati Uniti. Che l'accordo sia solo un momento di sollievo e non la soluzione definitiva è riscontrabile dall'atteggiamento non euforico del presidente Obama.
Barack Obama infatti «plaude» all'accordo raggiunto in Senato, dice il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, ma aggiunge che il presidente «spera che il congresso agisca in fretta». Carney ha inoltre ricordato che anche se i tempi sono ormai stretti il presidente non intende «accettare nessun ricatto» da parte dei repubblicani. Il peso del boicottaggio dell'ala dura dei repubblicani, i Tea Party, contro la pur modesta riforma sanitaria dell'Obamacare, è stato infatti rilevante, come rilevante in tutto il mondo lo smacco da lui subito. Un nervosismo che ieri pomeriggio è stato evidente quando il presidente americano, poco prima della notizia dell'accordo bipartisan, aveva inveito contro il presidente della Camera, il repubblicano Boehner. «Non è capace di controllare il suo gruppo parlamentare», ha infierito sullo speaker repubblicano in un'intervista Tv. «Abbiamo avuto molti momenti in cui avevamo di fatto trovato l'accordo sul debito. Poi però - attaccava Obama - Boehner tornava indietro e cambiava idea, dicendo che non poteva controllare i suoi». Ed è stato scontro fini all'ultimo. Anche i media attaccavano la credibilità di Boehner: «Il partito repubblicano? Una collezione di tribù senza un capo», titolava The Fox, un blog molto seguito del Washington Post alla luce delle profonde divisioni tra moderati e Tea Party che hanno dilaniato il Grand Old Party (Gop) sul tema cruciale del tetto del debito.
Ora la partita del default che si gioca a Washington è rimandata ai tempi supplementari, mentre rimane incerto il risultato finale. Un «finale» al cardioapalma che mostra la misura della disfunzione raggiunta da un sistema ostaggio di una minoranza impegnata in una guerra di religione sotto gli occhi impotenti della politica, dei mercati e della gente che invano reclama una dose di buonsenso. È una guerra sociale e politica, quella dell'estrema destra, che ha rischiato - ma non è finita - di portare tecnicamente la potenza mondiale degli Stati uniti sul baratro del default , dilaniando il paese e mettendo a repentaglio l'economia mondiale. E tutto è rimandato a gennaio e a febbraio 2014.

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