VISIONI

La magia delle anime bunraku Suicidio «integrale» all'Argentina

EVENTI - Sugimoto Hiroshi in scena con l'opera di Chikamatsu
DI GENOVA ARIANNA,ROMA

Presentare una storia di doppio suicidio d'amore a Roma, città-culla della civiltà cristiana, è l'unica preoccupazione che rosicchia la mente di Sugimoto Hiroshi, il grande maestro contemporaneo (nato nel 1948 a Tokyo, vive a New York dal 1974). È lui, infatti, ad aver scelto di riportare in scena -per la prima volta in versione integrale - uno spettacolo di bunraku, il teatro delle marionette giapponesi che si contende la ribalta delle arti tradizionali del Sol Levante con il noh e il kabuki. «La cultura buddista considera diversamente quell'atto estremo: se due persone sono legate da un sentimento profondo, ma sono ostacolate dalle loro differenze sociali, la morte è una possibilità di conquista del paradiso, la Terra Pura». Il 4 e 5 ottobre al teatro Argentina si assisterà dunque all'opera originale scritta nel 1703 da Chikamatsu Monzaemon, che per più di due secoli cadde nel dimenticatoio. Vietato a lungo poiché sull'onda del suo successo spinse all'emulazione numerose coppie di amanti infelici, riesumato solo nel 1955, Doppio suicidio d'amore a Sonezaki celebra i cinquant'anni dell'Istituto Giapponese di Cultura e un rapporto speciale istauratosi fra Sugimoto e il maestro di shamisen Tsurasawa Seiji (Tesoro nazionale vivente nel suo paese), che ha dedicato l'intera vita a quel raffinatissimo strumento a tre corde. Il bunraku - con il suo narratore che dà anima ai personaggi «umanizzandoli», il musicista e gli attori che fanno vivere i burattini con movimenti simili a una danza - è una pratica artistica che richiede anni di dura disciplina: dopo un periodo di decadenza, il governo nipponico, con l'aiuto di sponsor privati, ha deciso di sostenerlo e di avviare i giovani alla formazione. Ma, spiegano gli attori sbarcati nella capitale per l'avventura europea, la scuola di bunraku ammette solo dieci allievi e servono ben quindici anni per essere «pronti». Alla fine del percorso, i superstiti sono al massimo due.
All'Argentina, il testo di Chikamatsu tornerà alle sue radici, reinserendo al suo interno il prologo: il pellegrinaggio della cortigiana Ohatsu presso i luoghi sacri di Kannon, dea della misericordia. Le uniche interpretazioni introdotte dalla regia di Sugimoto riguardano le luci soffuse (il bunraku si svolgeva principalmente al buio), la profondità dello spazio e l'attenzione alla scenografia.

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