VISIONI

«Doglie» infinite, pena del vivere La prima volta di Tarantino in musica

LIRICA - «Opera Nova», un dittico inaugura la stagione a Spoleto
PENNA ANDREA,SPOLETO

Come accade da varie stagioni, il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto ha aperto la stagione con una creazione contemporanea appositamente commissionata: Opera Nova, dittico che riuniva due opere, Euridice e Orfeo, musica di Mario Guido Scappucci su testo di Gino Nappo, e DOGLIE, Operina Morale di Valerio Sannicandro, su testo di Antonio Tarantino. Un'unica bacchetta, quella di Marco Angius, direttore specialista della musica nuova e del repertorio del XX secolo, ha ottimamente guidato cantanti e musicisti spoletini, assai coinvolti e all'altezza del compito, nelle tre recite presentate negli spazi del ex complesso conventuale di San Niccolò.
La nuova musica, specie l'opera, è osservata con sospetto da una parte del pubblico, ma anche da settori dei cosiddetti «addetti ai lavori», abituati alla storicizzazione di un repertorio marcato da una radiosa teoria di irripetibili capolavori; per scoprirli e sperare di continuare a realizzarli, tuttavia, occorre portare con costanza sulle scene nuove creazioni, compito che il Teatro Sperimentale, sotto la guida artistica di Michelangelo Zurletti, assolve da anni, con più di un centro sul bersaglio. Stavolta il capolavoro non c'era: il tema antico quanto il melodramma di Euridice e Orfeo si ammantava di un linguaggio musicale attardato, onusto di citazioni, mentre era scarna la regia di Bongiovanni. Doglie si sosteneva meglio sui tratti asciutti dell'impianto di Sannicandro e la briosa regia di Sandra De Falco. Entrambi hanno evitato di soffocare il testo effervescente di Antonio Tarantino, uno dei più rilevanti drammaturghi di oggi, che dà vita al dialogo surreale di un bambino intestarditosi a non nascere, già cinicamente edotto sulle pene del vivere, con la madre straziate dalle doglie infinite. «È la prima volta che mi è stato chiesto di adattare un lavoro per la scena musicale e anche per le contingenze di questo progetto la mia principale preoccupazione è stata di fornire un libretto adeguato rispettando la durata richiesta -spiega Tarantino. Non c'è stato un vero scambio con il compositore, che ha lavorato praticamente in piena autonomia. Non sono sicuro si sia innamorato del mio lavoro, tuttavia - continua Tarantino - forse proprio per questo il testo è emerso, nella musica e nella realizzazione sulla scena, particolarmente limpido, libero».
E la sua reazione una volta a Spoleto?. «Positiva, senz'altro. Capisco bene le preoccupazioni di Sannicandro, che è giustamente guidato da un proprio forte codice estetico, con scelte musicali che mi sono parse piuttosto rarefatte e astratte. Del resto non avevo mai pensato a un mio testo per un'opera, anche quando lavoro non ho mai in mente una 'colonna sonora' per i miei testi, che procedono in forma totalmente autonoma.
I titoli della sua produzione fanno riferimento a pietre miliari della musica, come Vespro della Beata Vergine e Stabat Mater ... «Non sono riferimenti diretti. In Stabat Mater può esserci un riferimento alla composizione di Pergolesi, ma è solo perché possa dar sostegno e peso al testo, confermargli uno 'statuto', offrire distinzione al linguaggio rispetto ai fatti che narra, alla loro matrice di quotidianità. Certo - conclude - se accadrà in futuro una seconda esperienza credo che mi piacerebbe capire meglio la cifra stilistica del compositore, per poter lavorare con lui a più stretto contatto nella realizzazione del libretto.

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