L'ULTIMA

Marche ON THE ROAD

storie - ITALIA INVISIBILE
DEL SETTE LUCIANO,

Racconto dopo racconto, Maurizio Silvestri e Paolo Merlini assumono le sembianze del replicante di Blade Runner. Ti aspetti da un momento all'altro che, all'unisono, sussurrino: «Ne abbiamo visto cose che voi umani non potreste immaginarvi». Replicanti fuor di fantascienza, Maurizio e Paolo lo sono stati nel corso di un viaggio di otto giorni nelle Marche, a dorso di corriera. Replicanti di un viaggio all'insegna di quei percorsi lenti e meditati, scomparsi con l'aereo e il tutto organizzato. Le cose che noi umani sulle quattro ruote di un'auto non possiamo immaginarci, sono quelle che la coppia di scrittori amici ha visto dai finestrini dei bus comunali, durante le soste in posti di poche case e quasi nessun abitante, nelle cucine di trattorie dove la parola surgelato e precotto suona bestemmia, dal balcone delle camere di alberghi modesti. La loro esperienza è diventata un libro (vedi riquadro in questa pagina) che ha un merito aggiuntivo: far risuonare il nome delle Marche oltre i confini che le delimitano. Spiega Maurizio: «Se ci rifletti bene, ti rendi conto che le Marche sono assenti nell'immaginario del viaggiatore. L'unica città marchigiana conosciuta per la sua bellezza è Urbino. Ma molti l'associano all'Umbria. Per il resto, la regione viene vissuta in modo vago, terra di passaggio e di confine, periferia dell'Italia Centrale. La Marca, appunto».
Ecco allora l'idea di partire, e costruire on the road un diario di viaggio. Riempiendone le pagine con i racconti di itinerari che rappresentano, la definizione è di nuovo degli autori, «La periferia della periferia. Al centro, lontana dalla folla della costa». La scelta, sul momento, può lasciare perplessi. Perché raccontare San Martino di Acquasanta invece di Ancona o Ascoli Piceno? La risposta arriva pensando, per esempio, alla Toscana. Un tempo, i turisti la identificavano con Firenze, Siena Pisa. Poi, la progressiva scoperta di paesi e borghi tanto meravigliosi quanto fuori dalle rotte classiche. Oggi si può dire, senza timore di smentita, che gran parte della sua notorietà, questa terra la deve proprio alla realtà minuscole di cui è disseminata. Tornando alle Marche, Maurizio e Paolo hanno accresciuto il valore della loro scommessa con la scelta del mezzo di spostamento. Quattro ruote sì, ma delle pubbliche corriere. «Usare questo mezzo all'interno della regione ha costituito un'altra sfida. Lì le corse di andata e ritorno sono legate soprattutto agli orari delle scuole. Durante il resto della giornata devi studiare bene la situazione, le coincidenze, gli spostamenti del giorno dopo. Come era nello spirito del viaggio, salire su una corriera rientrava nella nostra intenzione di andare un po' allo sbaraglio».
La mappa geografica messa a punto dalla coppia di audaci delimita una zona ben precisa: quella pancia fatta di vallate, di colline, di montagne, tra il Mar Adriatico e i Monti dei Sibillini e della Laga, contraddistinta da un paesaggio dove i campi coltivati, le vigne, gli ulivi segnalano una presenza umana concentrata nei piccoli agglomerati in cima alle alture. Un paesaggio, puntualizzano Maurizio e Paolo, purtroppo non esente da sfregi: «Alcuni luoghi sono circondati in basso da brutti edifici costruiti negli anni '70 e '80. Ma basta tenere lo sguardo alzato verso la torre civica, il palazzo del comune, la chiesa del centro storico, generalmente di impianto medioevale, per consolarsi e dimenticare. E, sempre tenendo lo sguardo in alto, si scopre un'altra caratteristica di questa periferia della periferia: tutti i paesi si guardano tra loro, l'orizzonte è immenso e senza ostacoli visivi».
Otto giorni di vagabondaggio, punto di partenza Ascoli Piceno. Di quel vagabondaggio abbiamo scelto un segmento che, nelle pagine del libro, rende assai bene il senso della lontananza. Essere piacevolmente lontani non è questione di chilometri, ma scoperta di cartelli indicatori mai visti prima, di strade che mai pensavi potessero esistere e, comunque, mai ti saresti sognato di imboccare; di gente mai conosciuta, che incontri per una manciata di ore. Scrive Paolo: «Dopo Mozzano, la magia che non ti aspetti si materializza quando il bus non imbocca il nuovo e moderno tracciato della Salaria... No, il nostro pullman della Start va sicuro per la Vecchia Salaria. Passiamo Arlì... famosa (si fa per dire, ndr) per il suo ponte cinquecentesco. Più avanti a Centrale... ecco le cave di travertino. Dalla Superstrada questi spettacoli sono invisibili... Ore 19 e 10, siamo ad Acquasanta Terme: 54 chilometri da casa, ma già altrove». Le tappe successive del viaggio saranno San Martino di Acquasanta, Poggio San Paolo, Amandola, Trisungo di Arquata, San Ginesio, Tolentino. Per Maurizio, queste sono le «Marche selvagge», strette tra Lazio, Abruzzo e Umbria.
Le colline divengono montagne, i boschi si infittiscono; nelle frazioni, case e persone si contano sulle dita di due mani. Emma l'ostessa, titolare insieme alla famiglia di una sperduta trattoria, regala ai due passanti momenti di felicità gastronomica e un album dei ricordi iniziato nel 1964, dopo una vita da bambina sulla Sila e una parentesi di sei anni in Germania, quando era adolescente. Il censimento di tredici anni prima registrava la presenza di 3100 persone nella zona, poi lo spopolamento inesorabile. Scrive Maurizio: «Oggi, oltre a Emma, ci vivono tre cristiani (si dice così da queste parti)... Se è vero che mangiare è un mezzo per fissare i luoghi nella memoria, dopo questo viaggio i Monti della Laga saranno per sempre le tagliatelle ai funghi di Emma. Tagliatelle, funghi, olio di oliva. Niente cipolla, aglio, pepe». E ancora Maurizio: «Notte, un silenzio assoluto che non esiste più... Il silenzio della montagna». A Poggio San Paolo, una casa semi abbandonata in pietra fa compagnia ai resti di una 600 bianca. Nella casa c'era l'osteria di Vincenzo Pioli: «...comunista istrione, ma prima di tutto patente numero 2 della provincia di Ascoli Piceno. Raccontano che comprò la sua prima automobile da un prete, una vecchia 1100 bianca, e la prima cosa che fece fu colorarla di rosso... Ma il numero migliore lo riservava per i giorni di festa. Faceva rimbombare in tutta la valle Bandiera Rossa accompagnata dalla sua fisarmonica». Dentro la casa è rimasto il banco dell'osteria, rosso fuoco, guarda un po'!, con il piano di graniglia. Testimoni del fiorente passato di Trisungo di Arquata sono i palazzi signorili allineati sul corso principale e lasciati a se stessi. Il benessere della zona era poggiato sulle vigne di Pecorino, uva dalla rapida maturazione, necessaria a 700 metri di altezza e in un clima dal freddo precoce. Nel Medioevo, tra Arquata Vecchia e Trisungo, si contavano 196 vigne, distrutte dalla filossera agli inizi del secolo passato. La loro ricostruzione, nel dopoguerra, escluse l'uva Pecorino. Alcuni filari sono sopravvissuti in mezzo ai boschi e alle montagne. Uno dei numi tutelari dell'uva dimenticata si chiama Onorato Piciacchia, eremita ottantenne, burbero ma di scorza buona.
La Pieve di San Ginesio mostra segni misteriosi, «...simboli degli ormai onnipresenti Templari, volti riconducibili a Martin Lutero, statue nane di Pipino il Breve. Il colonnato della navata principale... è un susseguirsi di rose, fiori esapetali, gigli, forzieri, chiavi rovesciate, simboli erotici». Il ritorno a casa dei due vagabondi produrrà in loro una sensazione di spaesamento identica a quella che si prova dopo essere stati dall'altra parte del mondo. L'Italia e le Marche sono meravigliose anche per questo.

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