CULTURA

I paesaggi nascosti del petrolio

ARCHITETTURA - Al Maxxi fino al 29 settembre la mostra «Energy», a cura di Pippo Ciorra
MENZIETTI GIULIA,

A meno di un anno dalla chiusura della mostra Recycle. Strategie per il pianeta, l'architettura e la città, il Maxxi Architettura torna a parlare di temi sensibili con Energy. Architettura e reti del petrolio e del post-petrolio, a cura di Pippo Ciorra (fino al 29 settembre), inserendosi in un filone di ricerca curatoriale attento alla questione ambientale e al contributo specifico, in questo campo, del pensiero architettonico. Inseriti in un contesto decisamente green, questi progetti si dimostrano però ben distanti dai luoghi comuni del moralismo sostenibile. La risposta tecnologica lascia la scena a un'indagine figurativa tesa alla ricerca di un appeal e di una dimensione estetica dell'emergenza ambientale. Energy è un viaggio nel tempo che indaga rapporti reciproci tra energia e pensiero dello spazio. Il visitatore viene accolto, prima ancora di entrare nell'atrio, da un vecchio distributore dell'Agip riesumato per l'occasione. Si entra nel museo dando per scontato che ad alimentare i motori non possa essere che il petrolio, si esce dalla mostra senza troppe certezze sulla natura e sulle modalità di rifornimento dei futuri carburanti. Il viaggio inizia nel Novecento, nella sezione Storie, per attraversare il momento presente con Fotogrammi, proiettandosi in un futuro non troppo lontano nella mostra Visioni. All'interno di quest'ultima viene inserita la sezione Ricerche, che getta le premesse dell'indagine sul campo e ricompone lo stato dell'arte con la Roadmap dello studio Oma/Amo per il progetto Europa 2050, con Hydrogen Buffer Site a cura di Gruner/IAN+ e con un progetto di design dello studio Formafantasma.
Storie, curata da Margherita Guccione ed Esmeralda Valente, mette in mostra un'accurata selezione di disegni e materiali d'archivio (Eni, Autogrill, Iuav, Istituto Luce, Rai Teche e lo stesso Maxxi) delle architetture legate allo sviluppo delle infrastrutture nell'Italia del boom economico. La parete del museo fa da quinta a una sequenza continua di disegni del dopoguerra che termina nella sala del Centro Archivi, con una mappa della città di Metanopoli stampata a scala gigante fino a ricoprire l'intera vetrata disegnata da Zaha Hadid. Dalle Storie dell'architettura del moderno si passa al momento presente: la sezione Fotogrammi, curata da Francesca Fabiani, presenta i paesaggi dell'energia negli scatti di tre fotografi contemporanei: Alessandro Cimmino, Paola di Bello e Paolo Pellegrin. Molto potente l'immagine di Pellegrin della raffineria Versalis di Ravenna: i rapporti di scala e i riferimenti col contesto si azzerano, lo stabilimento si trasforma in congegno meccanico, in architettura gotica e allo stesso tempo in città di memoria futurista.
La sezione Visioni, direttamente seguita da Pippo Ciorra, fa da contrappunto alla parete delle Storie, in un percorso a doppio registro affidato alla ricognizione tra le architetture del moderno e alla prefigurazione degli scenari del futuro. A sette architetti provenienti da diversi continenti è stato chiesto di immaginare, con delle installazioni site-specific, le nuove reti energetiche e le loro interazioni col paesaggio e lo spazio urbano. Molto convincente la proposta di Noero (Sudafrica) che realizza microinfrastrutture produttive da collocare negli spazi interstiziali del tessuto esistente, in grado di alimentare nuove economie e restituire forme alternative di spazio pubblico. Altrettanto raffinata quella di Fujimoto (Giappone), in cui un elegantissimo modello in policarbonato trasparente descrive l'Energy forest, sofisticata interpretazione della stazione del futuro come spazio complesso in grado di raccogliere energia dalla luce, dal vento, dall'attività di persone e esseri vegetali e animali. Gli Obr (Italia) hanno immaginato un paesaggio costituito da una griglia verde e intelligente, nei nodi della quale vengono collocate le nuove stazioni di servizio; sempre all'interno dello stesso allestimento un asse cartesiano temporale incrocia gli sviluppi di alcune discipline restituendo le categorie del pensiero occidentale (Modernismo, Fordismo, Utopia etc.) a partire dal novecento fino gli scenari post-petroliferi del 2050.
In molti dei progetti presentati lo spazio pubblico diviene il dispositivo che mette in atto il dialogo tra energia, paesaggio e risorse urbane. Nel ponte dei IAN+, nel parco elettrico dei Modus o nella pensilina di Lifethings gli elementi deputati allo sviluppo dell'energia escono da contesti specifici per entrare nel mondo delle cose, per diventare oggetti comuni di paesaggi ordinari. E a sorprendere ulteriormente il visitatore dell'era del petrolio è la possibilità di scorgere un interesse figurativo, di riscontrare un potenziale espressivo, finora poco indagato, nel design dei dispositivi energetici.
La comprensione degli scenari presentati richiede uno sguardo attento e paziente. Gli strumenti canonici dell'architettura sembrano inadatti ad esprimere il dialogo tra scienza e design. Il progetto è in cerca di forme di comunicazione altre, costretto ad interagire con diverse categorie di pensiero si apre a nuovi codici espressivi, importati dal mondo dell'arte e dei media. Il complicatissimo video interattivo di Acuña, l'apparizione di una bicicletta (Obr) e una serie di pelli di canguro appese (Terroir) disorientano il visitatore, che all'uscita della mostra non ha più alcuna immagine di edificio negli occhi se non quella delle stazioni del moderno o del distributore Agip esposto fuori dell'ingresso, che stavolta però, in uscita, si trasforma in reperto archeologico e alimenta una vaga nostalgia di futuro.


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