VISIONI

«Se l'opera guarda al futuro non muore»

INTERVISTA - Alejo Pérez, giovane direttore
PENNA ANDREA, ROMA

Non è ancora molto conosciuto in Italia, Alejo Pérez, ma negli ultimi anni ha fatto parlare di sé in patria, in Argentina, e nelle città europee più abituate alla musica del XX secolo e al teatro d'avanguardia, collezionando successi non scontati con opere di Pintscher, Henze, Eötvös e Xenakis. Adesso tocca al Naso, che il 27 approda all'Opera di Roma, per la regia di Peter Stein.

Come è approdato a quest'opera?
Ho diretto tanto Sostakovic in questi anni, anche la Lady Macbeth di Msenk, la sua seconda opera. Il Naso però è di gran lunga più moderno e difficile, a partire dalla struttura, una concezione simile a Wozzek di Berg, persino cinematografica, con episodi ravvicinati che scorrono senza transizione, con salti improvvisi. In questo spettacolo romano è un aspetto magnificamente messo in luce, considerando quanto è complesso per il regista, oltre che per il direttore, governare oltre trenta personaggi, gli attori e il coro.

Lei sembra molto attratto dal Novecento musicale russo, come mai?

Spesso i direttori giovani non scelgono del tutto il proprio percorso, ma ci capitano dentro. Certo, poi ci si appassiona, come mi è capitato con Sostakovic; ma ci sono compositori che non smetterei mai di studiare, come Wagner, Strauss, Berg.

A proposito di studiare, quanto tempo le è servito per preparare il Naso?
Ho preso in mano la partitura un anno fa, ma il lavoro serio è durato circa sei mesi, anche se non continuativi. Dieci anni fa ci avrei messo il doppio. È stato un bene arrivarci solo adesso.

Lei ha una formazione da compositore, anche questo conta..
Naturalmente. Ho dovuto mettere da parte l'attività di compositore quando la direzione d'orchestra ha preso il sopravvento, non è come il pianoforte che puoi tentare di mantenere con delle ore rubate fra prove e tempo libero, ammesso che funzioni: ci vuole la mente sgombra. Mi resta la curiosità di comprendere ogni meccanismo creativo e strutturale delle creazioni moderne. Non solo, credo proprio che negli studi tutti i musicisti, strumentisti compresi, dovrebbero partire proprio dal Novecento, anzi dall'oggi, andando a ritroso. Altrimenti si inizia da Palestrina e si arriva all'accordo di apertura del Tristano, poi ..nebbia indistinta.

Il Naso traccia una satira sociale graffiante, ma è stato al centro di dolorose vicende politiche. Il teatro musicale conserva oggi una sua forza politico-sociale?
Più che mai. Il teatro musicale porta sulla scena il mondo che potrebbe essere, o che non deve essere. L 'assurdo e il grottesco che il genio combinato di Gogol' e Sostakovic ci offrono sono attualissimi. Quando si dice che l'opera moderna o contemporanea ha abbandonato le sue tradizioni, non riesco a essere d'accordo:se dirigo Berio, ecco che mi viene in mente Gesualdo; con Ligeti vedo in filigrana Monteverdi. Persino Rihm e la Saariaho sono ben ancorati, se si ascoltano con mente aperta, alle proprie radici culturali.

E l'attenzione dei governi verso la musica cambia molto, fra l'Argentina, gli Usa e l'Europa, nella sua esperienza?
Ci sono implicazioni diverse. I geni non nascono sempre in sistemi adatti a supportarli, questo è sicuro. Tuttavia essere creativi e fidarsi del futuro, specie per i dirigenti culturali e chi programma, come per esempio accade nel mio paese, dove c'e' un pubblico molto curioso, è una ricetta sicura per salvarci dalla crisi. Programmare solo per il pubblico tradizionale alla lunga si rivela un errore, come è sbagliato pensare che si debba cominciare dal Flauto Magico per avvicinarsi all'opera lirica. Non è vero. Venite a vedere il Naso, invece!

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