VISIONI

Scoppia la «Rivoluzione» tricolore

OPORTO · Una rassegna raccoglie opere italiane di quattro secoli da Monteverdi a Berio
PENNA ANDREA,OPORTO

Lo stretto scorrere di giornate fra 25 aprile e primo di maggio non ha un significato forte solo in Italia, ma anche in Portogallo, che il 25 aprile festeggia l'anniversario della «rivoluzione dei garofani» del 1974. In quelle giornate ogni anno la Casa da Música di Porto, ormai assestata come realtà musicale fra le più importanti dell'area iberica, organizza la rassegna Música e Revoluçao. Opere di rottura e innovazione del panorama musicale, scelte con ampio spettro, riunendo secoli diversi, di solito accordate con la storia culturale del paese protagonista della stagione in corso, secondo il modello scelto dalla Casa da Música sin dal 2006. Quest'anno l'Italia è la protagonista della stagione , con numerose presenze di compositori italiani (a settembre fra l'altro una nuova commissione a Luca Francesconi) e così anche la rassegna «rivoluzionaria» ha proposto con i soli organici interni programmi che spaziano da Monteverdi a Berio, con opere che ridisegnano in modo significativo il rapporto fra musica e spazio. Se la parola rivoluzione sottende anche l'anelito alla libertà sono di certo le esecuzioni di Monteverdi, Gesualdo da Venosa e di Luciano Berio, almeno nelle due giornate del 26 e del 27 aprile, a lasciare il segno più marcato, anche per la felicità degli accoppiamenti fra artisti così lontani nei secoli eppure sotto più aspetti felicemente «consonanti». Per Berio si contano Points on the curve to find del 1974 (con il perfetto 'giocoliere-orologiaio' Jonathan Ayerst al pianoforte e l'ottimo Remix Ensemble diretto da Johann Stockghammer), il poetico Cries of London (1974) e soprattutto la Sinfonia, esito fondamentale della creatività europea del dopoguerra, offerta nella sua prismatica ricchezza di mobili risorse artigianali e funamboliche libertà e sinestesie dall'ottimo gruppo Theatre of Voices, che la eseguiva per la prima volta. Altro protagonista è stato Luigi Nono, celebrato da un concerto monografico il 25 aprile e una varietà di proposte tale da schizzare un rapido ma efficace ritratto del compositore veneziano. Qui il rapporto fra libertà creativa e la volontaria - e raffinata - cristallizzazione disciplinare e ideologica si presenta in forme mutevoli, passando dal bellissimo pezzo giovanile Polifonica - Monodia - Ritmica ( 1951) - al sottile e affettuoso gioco micro intervallare di A Carlo scarpa architetto (1984), fino all'estremo impegno - per pubblico e esecutori - di No hay camino, hay que caminar , (1987) dedicato a Andri Tarkovskij, in cui Lothar Zagrosek e i musicisti dell'orchestra sinfonica della Casa da Musica hanno trovato nella grande sala creata da Rem Koohlaas un felice compromesso sul terreno delle ardue prescrizioni di spazializzazione del suono, senza poi infondere nel pezzo una vitalità che oggi conserva solo in parte. Centrate le esecuzioni monteverdiane sacre e profane da parte del coro della Casa da Musica, preparato a dovere da Paul Hillier, con qualche lieve sbavatura nei madrigali e nei mottetti di Gesualdo (fra cui l'intrepido Laboravi in gemitu meo ), mentre la breve e luminosa pirotecnia di Gabrieli ( Canzon Noni Toni a 12 ) è stata proposta dagli ottoni dell'orchestra. La sorpresa più emozionante giunge tuttavia in conclusione del concerto del 26 aprile da un musicista ancora occultato da una fitta congerie di giudizi e pregiudizi ostili, quasi ostracizzato in patria ( fatto salvo il lavoro della fondazione che porta il suo nome): Giacinto Scelsi. Nonostante un inutile video diffonda pleonastiche immagini di un tempio orientale, l'aprirsi in spire della vorticosa e ipnotica massa sonora di Hymnos conquista il pubblico che saluta l'esecuzione dell'orchestra, sempre guidata da Zagrosek, con applausi entusiasti. Ricordare la rivoluzione insegna anche a non avere paura.

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