VISIONI

Il decalogo dell'imperfetto ciclista (in città)

SanaMente
DEL SETTE LUCIANO,

Necessaria premessa: chi scrive non possiede la patente auto, non guida alcun tipo di moto e tanto meno di motorino, non sa andare in bicicletta. È dunque un pedone allo stato puro. E in quanto tale può permettersi di affermare quanto segue, senza che su di lui gravi il benché minimo sospetto: una parte non piccola di ciclisti urbani è costituita da individui che se ne infischiano di semafori, strisce zebrate, sensi unici (anche sulle piste riservate al traffico a due ruote), isole pedonali, marciapiedi. Tutto ciò a scapito di coloro che si muovono per le strade con la sola forza motrice delle gambe. Tralasciando Roma, dove l'uso della bicicletta è puro azzardo ai limiti dell'incoscienza, Milano e Torino sono le due principali città dove gli Imbicilli (il conio dell'azzeccata definizione non è nostro) spadroneggiano, infischiandosene di ogni regola e aggiungendo una buona dose di arroganza.
Se qualcuno fa osservare all'Imbicille che il marciapiede su cui pedala, spesso affiancato oppure in coda ad altri suoi simili, è riservato ai pedoni, le opzioni di risposta sono le seguenti: a) sorrisetto ironico, b) frasi spiritose (secondo lui) del tipo 'Ma davvero?!', c) affermazioni drammatiche quali 'Se sto in strada mi ammazzano', d) un bel Vaffa. E a proposito di Vaffa, il repertorio di pepate espressioni all'indirizzo dell'appiedato che protesta, spazia dall'identificarlo con uno dei due genitali maschili, all'invitarlo ad espletare le proprie funzioni organiche sul momento, e via insultando così. Esiste poi la categoria dell'Imbicille tiepidamente pentito. Ne forniamo esempio richiamando un caso di cui, chi scrive, è stato testimone poco tempo addietro. Un giovinetto viaggia in contromano lungo la pista ciclabile. Poi, non pago, si infila a velocità sostenuta sul marciapiede di una via a senso unico, contrario a quello da lui imboccato. Dietro l'angolo della via, nascosti alla sua vista, tre vecchietti stanno conversando.
Per questione di una trentina di centimetri, il giovinetto non li fa secchi. Partono improperi da parte del gruppetto di miracolati, il giovinetto si ferma, toglie le cuffie musicali dai padiglioni auricolari e mormora scuse non particolarmente sentite. Poi risale in sella e continua la sua corsa, sempre in contromano. Bisogna pur essere coerenti, no? Ora, se nessuno nega, e ci mancherebbe, che sulle strade extraurbane i ciclisti siano purtroppo e non di rado vittime di pirati motorizzati, ben diverso è il discorso in città. Perché, in nome delle due ruote, ci si sente autorizzati a ignorare le più elementari regole non solo del codice stradale, ma soprattutto della reciproca convivenza?
Forse, nella gerarchia delle rivalse tra chi sposta con mezzi meccanici, il pedone è la vittima incolpevole e sacrificale? Le voci che chiedono targhe per le biciclette e feroci vigili urbani appostati agli angoli si fanno sempre più forti. L'una e l'altra misura sono entrambe, seppur diversamente, repressive. Giustificarne il ricorso a causa di una nociva minoranza sarebbe una sconfitta della ragione più elementare. Ciclisti di tutte le città, unitevi. Insorgete anche voi contro la categoria degli Imbicilli. Così facendo, siatene certi, avrete dai pedoni eterna gratitudine.
ldelsette@yahoo.it

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