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Un polo pubblico nel credito

NUOVA FINANZA
BERTORELLO MARCO, CORRADI DANILO,

La crisi non solo non è finita, ma si ripropone continuamente in maniera fluttuante e in forme diverse, ma con alcune caratteristiche di fondo comuni. É nata negli Usa, si è riverberata in Europa e ha ridotto la forza espansiva dei paesi emergenti. Mentre gli Usa non riescono a tornare la locomotiva della ripresa e il Giappone è costretto a politiche monetarie radicali, che ben descrivono il livello di gravità raggiunto, senza dubbio il Vecchio Continente rappresenta oggi l'epicentro della crisi. Dopo i Piigs, è arrivata Cipro, la prossima sembrerebbe la Slovenia, ma si incomincia a parlare anche dei problemi di Olanda e Danimarca, paesi non propriamente ascrivibili al "modello mediterraneo". Per tutti, al di là di ovvie specificità, lo schema sembra identico: prima economia reale ingolfata e ricorso alla finanziarizzazione, con la formazione di bolle, poi crisi di tale processo, con al centro il sistema creditizio, a cui fa seguito l'incapacità di quest'ultimo di svolgere la sua consueta funzione di oliare il sistema produttivo. Dall'economia reale a quella finanziaria e ritorno, dunque. Questo tipo di crisi ruota intorno ai sistemi bancari e alle loro crescenti sofferenze.
Da un lato esiste una debolezza determinata dall'esposizione alla crisi finanziaria e dei debiti pubblici, dall'altro la crisi dell'economia reale determina crediti deteriorati crescenti. Neppure la considerevole immissione di denaro al prezzo risibile dell'1% concesso dalla Bce ha consentito un'inversione di tendenza. L'intero meccanismo è in una fase di stallo da cui non si intravede via d'uscita. Anzi, alla crisi del sistema bancario si risponde con un taglio dei costi (imperniata su riduzione del personale) e con politiche monetarie espansive, quando non di veri e propri finanziamenti pubblici, che nel caso italiano non si tramutano in alcun potere né di gestione, né di controllo.
Ma se la crisi è sistemica, si tratta di provare ad avanzare un progetto che modifichi in modo sostanziale i termini della questione. I processi di privatizzazione degli anni Novanta hanno consegnato un sistema creditizio che, nella sua ricerca di profitti a breve termine, ha dimostrato la sua miopia e al contempo l'incapacità di sottrarsi a clientele e lobby politiche. C'è bisogno invece di un polo pubblico nel credito che non si riduca a un processo di nazionalizzazione di qualche banca, ma che rappresenti un deciso impulso alla rifondazione della finanza, alla partecipazione e al controllo sociale. Un polo che nel suo modificare gli assetti proprietari sia un volano per ristrutturare il sistema finanziario e, di conseguenza, l'economia, in una logica di lungo termine e di sostenibilità sociale e ambientale. Compiti che i fatti dimostrano non poter essere assolti da soggetti privati. Trasparenza, dunque, dei propri assets, denaro pubblico coperto da garanzie e risorse dell'intera società, supporto e rilancio di attività produttive a beneficio della società, tutto dentro un percorso inedito di coinvolgimento di operatori, creditori, cittadini, in grado di determinare più in generale nuove politiche economiche.

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