VISIONI

«Qualcuno da amare», una notte di storie a Tokyo

INCONTRI - Abbas Kiarostami, il mio Giappone omaggio a Ozu e Mizoguchi
PICCINO CRISTINA,ROMA

La versione italiana lo traduce con Qualcuno da amare, e (grazie a Lucky Red) arriva a quasi un anno di distanza dalla proiezione allo scorso festival di Cannes (era in gara) Like Someone in Love, il film giapponese di Abbas Kiarostami, un omaggio al cinema di Ozu e di Mizoguchi che il regista iraniano ama come ama il neorealismo italiano che è stato il riferimento dei suoi primi film, Dove è la casa del mio amico o Close up. Nel frattempo Kiarostami, imperscrutabile dietro agli occhiali scuri, sta lavorando al progetto avanzato di un film da girare in Puglia: «La sceneggiatura è già pronta, ho anche individuato il protagonista ma sono io che non mi trovo nelle condizioni giuste per farlo» racconta. Peraltro non sarebbe la prima volta in Italia dove ha ambientato anche il precedente Copia conforme, riflesso di specchi e di possibili identità dentro e oltre lo schermo. Un «gioco», ma sarebbe meglio dire una cifra poetica che appartiene anche a questo film in cui il movimento dei personaggi segue tante direzioni snodandosi lungo la curva emozionale dei desideri incerti e inappagati della giovane protagonista, Akiko, studentessa ventenne che non sa se rispondere ai messaggi dell'anziana nonna venuta in visita in città, che l'ha aspettata quasi tutto il giorno alla stazione. Andare dal fidanzato geloso o obbedire al suo agente di ragazza squillo che le ha trovato un lavoro anche per quella notte: un cliente, un anziano professore con la casa colma di libri, romantico, appena goffo, che potrebbe essere suo nonno o il suo maestro alla facoltà e l'accoglie col brodo caldo e la tavola apparecchiata... Le storie si moltiplicano, iniziano, si fermano, balenano nella potenzialità del loro divenire senza inizio né fine, lungo quel confine incerto che ha il sapore di un sogno, dove un sasso può rompere un vetro e dopo chissà. «Nelle storie si può entrare e uscire, ci siamo dentro e poi possiamo essere da un'altra parte. Il finale del film, che ha sorpreso molti, è rimasto lì per un anno, il tempo in cui il film è stato posticipato a causa della tragedia di Fukushima» dice Kiarostami.
Racconta poi delle reazioni in Giappone dove il suo film ha diviso tra chi lo ha amato moltissimo e chi lo ha detestato. «Forse perché oggi il pubblico giapponese non è interessato al cinema classico del suo paese, ai maestri come Ozu o Mizoguchi che per me sono stati un riferimento fondamentale. Prediligono il cinema americano e lo stesso fanno i registi giovani». E certo è un omaggio a Viaggio a Tokyo quell'inizio in taxi, mentre la giovane Akiko corre verso il suo appuntamento di sesso a pagamento e scorge, più col cuore che con gli occhi, l'anziana nonna che l'ha attesa invano mentre dall'abitacolo del taxi la città si intreccia ai suoi pensieri, ai sentimenti alle lacrime di qualcosa perduto ...
C'è molta automobile anche qui, quasi che in quello spazio di intimità «obbligata» Kiarostami veda il luogo privilegiato in cui srotolare le linee narrative delle sue storie. «Mi sono detto a lungo che non avrei usato ancora una volta l'interno di una macchina, ma qui mi sembrava la situazione ideale per unire due persone di generazioni diverse che possono parlarsi senza guardarsi».
In Iran Qualcuno da amare invece non è uscito, bloccato dalla censura. «Il mio rapporto con le autorità iraniane è piuttosto complesso» dice Kiarostami che alle domande sull'argomento si irrigidisce. Uscirà al mercato nero, in dvd, come tanti altri film.«Non voglio lamentarmi, nel film non c'è nulla che motivi una censura eppure è stato bloccato.Nel mio paese ci sono molte difficoltà ma c'è anche una grande creatività, vedo molti giovani colleghi che lavorano producendo cose molto interessanti, e questo perché la creatività esiste al di là di un sistema sociale che non può soffocarla nonostante tutto».
Perciò preferisce parlare dell'attore protagonista, Tadashi Okuno, che interpreta appunto il professore, trovato tra le comparse. «Non era mai stato protagonista, ma io volevo qualcuno che non risultasse troppo impostato, che apparisse in modo naturale. Lui è stato molto contento, anche se come mi ha scritto in una lettera una volta finite le riprese, l'esperienza è stata molto dura e difficile. E anche se mi ringraziava diceva che preferiva tornare a fare la comparsa. Mi piace pensare che ho girato questo film in Giappone anche per incontrare persone come lui».

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