VISIONI

La rivoluzione di un continente nel ritratto intimo di un leader

CINEMA - Solo oggi in sala, in tutta Italia, «Chavez - L'ultimo comandante» di Stone
PICCINO CRISTINA,

Per i media americani è diventato subito un nemico, annoverato tra i «cattivi» del pianeta, specie durante l'amministrazione Bush. Forse è stato questo a motivare un regista come Oliver Stone, anche se il suo Chavez - L'ultimo comandante non è soltanto un ritratto del presidente boliviano scomparso il 5 marzo scorso, a cui era legato da ammirazione e da amicizia - «Piango un grande eroe odiato dai poteri forti. Amico mio, riposa in pace» ha detto il regista di Jfk ai funerali - ma è piuttosto un viaggio nel continente per gli Usa «vicino di casa» a partire dalla sua mitologia. Perché Chavez è stato un' icona per il suo popolo e un'icona planetaria, a dispetto di qualsiasi attacco denigratorio, punto di forza e forse anche di debolezza come hanno dimostrato i risultati ieri delle elezioni in Venezuela. E però la sua figura incarna con evidenza, almeno qui, una trasformazione del continente che è faticosa, contraddittoria, complessa della quale Stone cerca un'immagine fuori dalle ricostruzioni ufficiali, dai media, dagli interessi finanziari globali. Il film, presentato al festival di Venezia nel 2009 (sul Lido arrivò lo stesso Chavez) esce oggi come evento unico in 150 sale italiane distribuito da Movimento Film - a Roma, al cinema Barberini ci sarà a presentarlo l'ambasciatore venezuelano in Italia Julian Isaias Rodriguez Diaz, che dopo lo spettacolo delle 20.30 risponderà alle domande del pubblico.
Eccoci dunque con Stone e la sua troupe leggera nel quotidiano del presidente e della sua «repubblica bolivariana» nata con la vittoria alle elezioni del 98. Chavez è un militare, nasce da famiglia povera, Stone lo segue laddove è cresciuto, lo osserva giocare coi ragazzini, la gente gli corre incontro, lo abbraccia, lo ama. «É uno di noi» dicono giovani e vecchi in coro. É certo una figura mediatica, e l'aspetto interessante è che nella sua rapppresentazione si mescolano elementi antichi, quasi arcaici, e un'idea di comunicazione globale assai contemporanea.
Ma non è solo questo. «La nostra è stata una rivoluzione pacifica ma armata» dice Chavez. E infatti ha imposto nuove regole economiche sul petrolio di cui il Venezuela è ricco, cosa che ha disturbato molto gli Usa: «Hanno fatto la guerra per il petrolio all'Iraq e ci provano anche con noi» dice a Stone. Le immagini di archivio - ce ne sono moltissime nel film e di ogni tipo - ci raccontano Chavez prima della sua elezione, il suo tentativo di prendere il potere, e poi il colpo di stato contro di lui, nel 2002, che ha ancora la stessa ragione: il petrolio. «É stato sostenuto dall'Fmi nell'interesse del capitalismo globale».
Pedro Carmona La Estanga, il presidente che viene messo al posto di Chavez, durerà poco, rispondeva alle esigenze dei poteri vicini agli Stati uniti (che sembra fossero coinvolti nel tentato golpe) gli stessi che controllano le televisioni private scatenate Chavez accusato di avere ordinato ai suoi sostenitori di sparare contro la gente. Tutto falso.
E però. Qualche decennio fa probabilmente gli Stati uniti sarebbero riusciti nel loro intento, è accaduto molte volte (pensiamo a Allende) che ai tentativi di cambiamento sociale forte in America latina si rispondesse con colpi di stato militari più o meno pilotati. Stavolta qualcosa è cambiato. Stone prova a metterlo a fuoco incontrando i leader di una trasformazione che ha caratteristiche diverse in ogni realtà ma un sentimento comune: la necessità di controllare le risorse e di diventare indipendenti dal Fondo monetario internazionale.
É questo che unisce al Venezuela di Chavez la Bolivia di Evo Morales, primo capo di Stato indio del paese, che parla della politica americana e intanto spiega al regista quali foglie di coca deve usare per liberarsi dal malessere dovuto all'altitudine. Naturalmente la cocaina è un'altra cosa ... In Argentina Cristina Kirchner alla domanda su Chavez che viene considerato un dittatore: «Non ho mai visto 'dittatori' eletti come Chavez». E quando Stone le chiede quante paia di scarpe ha risponde secca: «Sono domande che si fanno solo alle donne...».
In Brasile Lula, il presidente ex-operaio racconta a Stone che sogna «un parlamento sudamericano», mentre in Paraguay l'ex-presidente ed ex-vescovo Fernando Lugo rievoca la teologia della liberazione, e a Cuba Raul Castro ricorda la rivoluzione del fratello Fidel. Intanto negli Stati uniti è arrivato Obama: «Spero che sia un nuovo Roosevelt» dice Chavez. Un bell'augurio.


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