CULTURA

Gli oggetti-trappola di Magritte

SAGGI - «I due misteri» di Luca Taddio per Mimesis, quei rebus visivi che sostituiscono la realtà
MIGLIORE TIZIANA,

L'uso delle cose rende difficile capire le dinamiche con cui le si apprende, cioè le relazioni percettive che determinano il nostro legame con esse. A maggior ragione, è arduo cogliere il significato di un quadro, materialità fatta di tela e colore, se, automaticamente, vi si vedono figure che rinviano a cose. Il senso è ossidato dalle abitudini mentali contratte.
I due misteri affronta con coraggio questo ostacolo, dinanzi al quale, per mancanza di ispezione, ci rifugiamo nell'utopia di un realismo o di un referenzialismo assoluti, esistenti senza di noi. Attraverso un'indagine sulla natura percettiva della rappresentazione pittorica, Luca Taddio mostra che la realtà è mediata dalle sue modalità di apparenza, spesso inavvertite. Convoca la teoria della Gestalt, forte di una «grammatica del vedere» (Kanisza) e perciò promossa a metodo di una fenomenologia sperimentale (Bozzi; Derossi). È un'«eresia» del paradigma fenomenologico classico, ma permette di studiare, a regime, le condizioni di manifestazione del mondo. Tale «scienza degli osservabili in atto», meno trascendentale e più applicativa, è inscritta, secondo Taddio, anche nell'attività del pittore, il quale «fa cose con i fenomeni». Il «segreto posseduto dai pittori», apprezzato da Merleau-Ponty. L'arte arguisce e rivela i principi, inconsapevoli, che regolano la percezione.
Il libro (edito da Mimesis, pp.294, euro 20) è ben congegnato. L'autore seleziona un corpus di ventidue opere di René Magritte. Nota che, in ciascuna di esse, e in generale nella poetica del maestro belga, un insolito montaggio delle parti restituisce processi quasi mai elaborati mentre si guarda. Magritte impiega e stravolge, attualizzandoli: il completamento amodale, che spinge all'integrazione della figura, consentendo l'avverarsi dell'invisibilità; l'effetto di trasparenza, indotto da fattori topologici, eidetici e cromatici; la relazione figura/sfondo; il principio di unificazione figurale; il principio di chiusura, che ha il sopravvento sulla legge di continuità di direzione; il destino comune o la simile condotta degli elementi di una struttura fenomenica. Un «ordine nuovo», paradosso di una doxa latente, urta l'occhio, significando «il reale unitamente al mistero che è nel reale» (Magritte). Dunque - ammette Taddio con radicalità - la rappresentazione pittorica, che ha il suo statuto fenomenologico, non rinvia alla cosa, ma la sostituisce per scrutarla.
Questa chiave di lettura, meritevole di esplicitare la coerenza di un sistema artistico, è subito esposta al dubbio e alla negoziazione di (non) saperi diversi. Sulla scia della migliore tradizione del pensiero antico, due dialoghi incorniciano il corpus.
Il primo, immaginario, ricostruito con affermazioni di Magritte, si tiene fra il pittore, un giornalista, un filosofo e un accademico. Funziona per legittimare la speculazione filosofica sull'arte - lo stupore della scoperta, linfa della ricerca; e per sostenere l'origine «tecnica» che accomuna arte e scienza, entrambe reazioni produttive alla potenza annientatrice del divenire. Il secondo dialogo, finale, è con Massimo Donà, al quale Taddio deve l'interesse per l'artista belga. Un'occasione utile a giustificare la scelta del caso studio, sempre discutendola. Magritte, più di Escher per esempio, mette in luce i problemi del rapporto fra immagini e linguaggio, quando si tratta di definire le leggi di organizzazione del visibile o come le figure appaiono.
Il calligramma della duplice grafia nei quadri Il tradimento delle immagini. Questo non è una pipa (1929) e I due misteri (1966) è una trappola, se si riducono disegno e scrittura a una funzione referenziale e a un indicatore linguistico, il «questo» mostrativo e designativo. Ma è lì per essere disfatto - ha ragione Foucault - e risvegliare similitudini sepolte. L'epistemologo francese si era fermato qui, senza indicare quali. Il saggio di Taddio serve a comprenderle. La somiglianza non è il risultato della percezione, ma ciò che la anima: la figura di Magritte condensa regole di datità dei fenomeni che nella realtà restano subliminali.
Intenzionalmente l'autore non indaga le tecniche con cui il segno naturale, in Magritte, diviene segno artistico. Eppure, non è sufficiente sapere che certe qualità sono implicite nell'apparire della cosa per saperle fare e pensare. Così, è vero che l'isolamento dell'oggetto in Magritte, mutuato da De Chirico, provoca una crescita di intelligibilità. Ma il «mistero» di Magritte non è l'«enigma» di De Chirico. Partono da strategie e assiologie differenti. La valida tesi di Taddio - la «sostituzione» pittorica dell'esperienza immediata - attende di essere articolata con la questione, ineludibile, delle competenze semiotiche.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it