VISIONI

Sounds of love, note di Mingus

RASSEGNE - «Tra jazz e nuove musiche», incroci d'oltreoceano
LORRAI MARCELLO,LUGANO

Se si segue con passione un ambito come quello del jazz più aggiornato d'oltreoceano, che è fatto di tutto un fitto tessuto di scambi, incroci e collaborazioni, è una bella soddisfazione poterne vedere degli esponenti significativi, e in formazioni e ruoli diversi, e riuscire così a farsi un'idea non unicamente di singoli progetti ma della vitalità di una scena. In questo senso era strategica l'occasione offerta dalla rassegna «Tra jazz e nuove musiche», patrocinata dalla Rete Due della Radio Svizzera Italiana, col gruppo Sounds of Love del contrabbassista John Hebert, appena ascoltato a Bergamo Jazz nei gruppi di Peter Evans e di Mary Halvorson. Con lui, nell'ambiente raccolto e nell'atmosfera off dell'accogliente club Jazz in Bess, alla cornetta Taylor Ho Bynum, non troppo entusiasmante nella sua recente (a Milano all'Aperitivo in concerto) elaborazione di musiche di Prince, ma assai convincente in diverse altre occasioni e spesso - di nuovo l'autunno scorso - accanto ad Anthony Braxton; al sax alto Tim Berne, che il 10 aprile sarà a Dialoghi: jazz per due di Pavia con Mary Halvorson; al piano Fred Hersch; e alla batteria Ches Smith, che il 18 aprile con il suo These Arches (con Berne e Halvorson) sarà a Padova per i concerti del Centro D'Arte.
«Sounds of Love» prende il nome dalla composizione di Charles Mingus Duke Ellington's Sound of Love, ma il gruppo si discosta apprezzabilmente dal rituale degli omaggi ai grandi del passato, un genere troppo inflazionato nel jazz di oggi. Mingus entra ed esce, e si evita una pedante successione di riletture e un rinvio costante e obbligato.
Lo stile» di Sounds of Love è fatto di brani che dopo l'enunciazione di un tema passano a situazioni improvvisate di interplay rarefatto, o si sgranano in uscite di un solista o di un paio di strumenti - non necessariamente cornetta e sax, magari contrabbasso e batteria - con poco o punto intervento di altri, andamento altalenante che avvince. Mingus emerge con Duke Ellington's Sound of Love, appunto, Remember Rockfeller at Attica, What Love, Sue's Changes, oltre che con Black Bats and Poles di Jack Walrath, temi esposti riuscendo a rendere con grande sensibilità il gusto melodico di Mingus, il suo senso coloristico, il suo lirismo. O che fanno capolino nelle improvvisazioni, tutto in un'evocazione non meccanica, spontanea, fresca.
Eccellenti tutti: morbidamente autorevole Hebert, splendidamente parco Hersch, ecletticamente schizzato Smith, mattatore anticonvenzionale Ho Bynum, per non dire che del piacere di un Tim Berne che improvvisa con qualcosa di più fluido, di più sensuale dei brani un po' spigolosi e sghembi dei suoi gruppi. Una sua cifra di originalità di cui però spiace a volte trovarlo un po' prigioniero.

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