POLITICA

«Custodire» con «tenerezza», la spinta gesuita alla conversione

La prima messa/ I PUNTI CARDINALI DEL NUOVO PAPATO
FARANNA CRISTIANO,

«Custodire Cristo, custodire il creato, custodire l'altro, custodire sé stessi». Nella messa di inizio del ministero petrino Papa Francesco ha assegnato i punti cardinali del suo cammino, e sembra in un colpo solo aver dato risposta a un antico aneddoto che ha riguardato il suo ordine e quello del santo di cui porta il nome canonico. Custodia è l'organismo gestito dai francescani che cura i possedimenti cattolici in Terra Santa. Negli anni Venti del XVI secolo a Ignazio di Loyola, padre dei gesuiti, i frati posero il divieto di dimorare in maniera fissa in Palestina. E proprio la riconciliazione sembra alla base di quest'opera di custodia, tutta incentrata nella teologia dell'evento salvifico di Cristo in croce che redime l'umanità. Alla luce di ciò è probabile che chi si immagina un cambiamento rivoluzionario degli uomini in Curia rimanga deluso. Lo stile di Bergoglio sembra totalmente ispirato al sacramento della confessione. Perdono, ammissione, espiazione, in quest'ordine. Il gesuita pone speranza nella conversione, nel cambiare rotta della persona, e il timone lo si gira non sostituendo i marinai, ma ponendoli nella condizione di cambiare.
Una scelta che sarebbe coerente con la fortezza annunciata ieri in piazza. Una forza che nasce dalla tenerezza, sentimento che lo accosta ad Albino Luciani quando definì Dio anche «madre» per i suoi caratteri infinitamente dolci. Una parola che accontenta la tradizione sul solco della famiglia. La tenerezza è alla base di un cammino per coppie, spesso in difficoltà, che in Italia rilancia l'amore coniugale, ed è coerente con la Santa Famiglia rappresentata seppur nell'individualità dei componenti nello stemma di Bergoglio. Al contempo però tenerezza accontenta il dialogo con la modernità, soprattutto nel senso francescano come accoglienza di tutte le creature e di tutto il creato nel nome del Crocifisso risorto.
Il vescovo di Buenos Aires sembra ricercare questa parola dalle origini degli scritti biblici. In Genesi prima della creazione lo Spirito di Dio «cova» le acque, come chioccia di un biologico brodo primordiale. Il teologo italiano Aristide Serra attribuisce numerosi termini ebraici presenti nelle Scritture come affini a questo, e cita il Salmo 145: «la sua tenerezza si espande su tutte le creature», ma del senso profondo contenuto in esso ne fa anche un elemento caratteristico di Dio che agisce in favore del suo popolo nell'Esodo, il conforto e la promessa di riscatto del Creatore a Israele durante l'esilio in Isaia; sino al Verbo incarnato del Nuovo Testamento, amato prima dal Padre e a sua volta amante degli uomini. Non a caso il motto di papa Francesco, «miserando atque eligendo», si rifà a un testo di san Beda Venerabile che commenta la chiamata di Matteo. «Lo guardò con misericordia e lo scelse», così come nel Vangelo di Marco il Cristo guarda, fissandolo e amandolo, il giovane ricco che poi proseguirà per la sua strada, triste «poiché aveva molti beni».
Lo stesso sguardo, fisso, che ieri Bergoglio ha avuto per quell'uomo diversamente abile. Prima di scendere dalla jeep e quasi cullarlo lo ha avvistato in mezzo alle migliaia di persone in prima fila sulle transenne, con un attenzione che spesso viene citata non solo in tutte le comunità cristiane ma anche negli ambienti promotori dei nuovi stili di vita equi e solidali. Un'attenzione che sembra rivolta anche alla sua Curia. Il maestro delle Liturgie, Guido Marini, negli anni di Benedetto ha riportato numerosi elementi antichi nelle cerimonie, Bergoglio ha iniziato a spogliarsi. Questa differenza non ha impedito all'arcivescovo di far apparire oggi il prelato come l'uomo più vicino al Papa. Attento ai suoi passi, a volte lo sorregge e lo invita persino ai gesti informali, come la benedizione ripetuta della piazza dopo la messa.
Nelle Scritture 365 volte si ripete «non abbiate paura». Dopo averlo detto, Giovanni Paolo II invitò ad aprire i cuori a Cristo, nel nome di una nuova evangelizzazione. Ratzinger aggiunse che la fede nel Crocifisso «nulla toglie, ma tutto dà» concentrandosi poi sulla gioia del credente. Oggi Bergoglio punta agli effetti di questa fede. Una vita tenera spesa per Dio e per l'altro. Un invito soprattutto alla sua Chiesa che, paradossalmente, fa molto effetto sul mondo.

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