INTERNAZIONALE

L'ascesa del «principino»

CINA · Nominati il presidente Xi Jinping e il premier Li Keqiang. Tutti gli scenari futuri
PIERANNI SIMONE, PECHINO

Eccoli quindi: Xi Jinping, il presidente principino e Li Keqiang, il premier che arriva dalla Lega dei giovani comunisti. Xi Jinping, che ha impressionato l'America - ancora in pectore - per i suoi ricordi come esperto di allevamento di maiali durante una sua visita nell'Iowa e Li Keqiang, con amicizie coltivate a fine anni 80 finite male, leggi compagni di università catturati e fatti marcire in carcere in quanto dissidenti dopo il 1989 e un ottimo fluent english . Saranno il presidente e il premier della Cina per i prossimi dieci anni: comanderanno e proietteranno la propria sfera di influenza, se saranno bravi, ben oltre la durata del loro potere. Sono i leader della cosiddetta «quinta generazione» dei politici cinesi, una linea che collega la Nuovissima Cina a quella rivoluzionaria di Mao. La lunga rincorsa del presidente e del premier, finalmente concretizzata con una doppia elezione per niente a sorpresa, ci racconta forse di una Cina che si aprirà di più al mondo? È ancora presto per dirlo e forse la risposta non sarà mai univoca: i progetti, le idee e l'approccio alla politica interna, economica ed estera dei due nuovi capi del paese, sono ancora avvolti nella consueta imperscrutabilità delle stanze segrete del Partito. Ci sono dei segnali, raccontati dalla biografia di Xi Jinping e di Li Keqiang, due traiettorie completamente diverse, che hanno finito per creare un equilibrio tra le due forze interne al Partito più evidenti dall'esterno: i principini , ovvero i figli dei rivoluzionari cinesi, i tuanpai , ovvero i membri della Lega dei giovani comunisti. Equilibrio, spesso risultato di grandi scontri, di un amore mai sbocciato tra i figli dei padri della patria e quelli che vengono chiamati con disprezzo, «bottegai». Una fonte dell'ambasciata americana, venuta fuori dal materiale rilasciato di Wikileaks, raccontava di come i principini si sentissero superiori ai tuanpai. «Quando mio padre combatteva e faceva la fame per costruire la Cina, i loro genitori erano a vendere lacci per scarpe e fare soldi», pare abbia detto uno degli attuali membri dei figli degli Immortali. Forse si riferiva a Hu Jintao, il cui padre era un commerciante di tè. Di sicuro chi ha il pedigree immacolato è Xi Jinping. Figlio di un grande rivoluzionario, ha saputo respirare da sempre l'aria dell'alta politica, salvo una parentesi, quando tutta la Cina sembrò saltare per aria. Durante la Rivoluzione culturale il padre di Xi venne epurato e il giovane e futuro presidente fu costretto a fare vita grama, mentre «imparava dai contadini». Poi una volta riabilitata la famiglia, via verso successi sempre più importanti. L'iscrizione al Partito, rifiutata nove volte in precedenza, la prestigiosa università Tsinghua e un incarico presso un vecchio compagno del padre che gli aprirà le porte del network più rilevante, l'esercito. Xi Jinping si è sempre saputo muovere in modo guardingo, stando attento a rispettare il nuovo trend di «guida collettiva» del Pcc. In pectore dal 2007 ha saputo organizzare al meglio le Olimpiadi, ruolo di prova svolto con pieno successo, gestire l'Expo di Shanghai, per finire a lavorare da futuro numero uno, uscendo indenne dallo scandalo che sembrava poter cambiare tutto, ovvero l'epurazione di Bo Xilai. Quest'estate per tre settimane è scomparso completamente dalla scena. C'è chi dice abbia avuto un incidente, chi ha sussurrato che avessero provato ad accopparlo. La voce più insistente invece racconta di un Xi Jinping che avrebbe detto ai suoi compagni di partito: o la smettete di litigare e fare la guerra, o io me ne vado. Un'eventualità dannata, che avrebbe fatto saltare il tappo. Xi Jinping ha ottenuto quanto ha voluto: è tornato a farsi vedere in pubblico ed è stata decisa la data del 18˚ congresso. In molti analisti si chiedono che rapporto potrà avere con gli Stati Uniti. A Washington si aspettano una nuova stagione. E in effetti Xi Jinping nel suo discorso inaugurale ha detto: «La Cina deve conoscere meglio il mondo, così come il mondo deve conoscere meglio la Cina». I suoi trascorsi americani, inoltre, lo rendono molto friendly nei confronti degli States, di cui Xi spera forse di ripercorrere il sogno , in termini di soft power e peso culturale. C'è un «però», naturalmente. Xi sembra una persona determinata ed è vicino all'esercito. Quando si recò in visita in Messico un paio d'anni fa, ebbe parole dure: «C'è qualcuno che ha la pancia talmente piena, da non avere altro da fare se non criticare la Cina. Noi al contrario di altri, non esportiamo guerre e povertà». A chi si riferiva? All'energia di Xi, fa da contraltare il mite Li Keqiang. Lui da favorito addirittura numero uno, essendo il protetto di Hu Jintao, ha rischiato di perdere tutto. La sua condanna è stata la sfortuna in alcuni casi e qualcosa di molto peggio in seguito. Nei primi incarichi ufficiali assunti da Li, nelle zone dove si è installato, scoppiarono incendi che fecero parecchie vittime. Nel momento in cui si guadagna il soprannome di Li «tre incendi», in Henan viene fuori lo scandalo del sangue infetto. Li sarebbe il capo, ma o non vede niente o copre responsabilità pesanti. La sua carriera è in bilico, salvo riprendersi quando grazie ad un intervento a Davos, convince i vecchi del Partito. Li Keqiang, ha insistito molto nel suo periodo di attesa, su un concetto, derivante dalla parola cinese xiaokang che riecheggia da una storia tratta dallo Shi Jing , il primo libro delle poesie cinesi, risalente a duemila anni fa. «Si assicuri xiaokang alla Terra di Mezzo e la prosperità regnerà». Xiaokang significa moderata prosperità , è un termine confuciano ed è ciò che costituisce, secondo Li Keqiang, l'obiettivo della Cina entro il 2020. Un termine usato da Deng Xiaoping, che ben si collega al progetto di società armoniosa (hexie shihui), mantra decennale del suo mentore, Hu Jintao. Sullo sfondo dei primi due della gerarchia cinese, si staglia infine Li Yuanchao. Personaggio importante, candidato e poi trombato da Jiang Zemin per un posto nel Comitato permanente del Politburo, è stato nominato vice presidente del paese. Una scelta, si è detto, a sorpresa perché Li è un altro figlioccio di Hu Jintao e perché ha iniziato la sua carriera all'ombra di Hu Yaobang, il grande riformatore caduto in disgrazia nel 1987 e riabilitato, da Hu Jintao, solo nel 2005. Questa nomina potrebbe rivelarsi interessante negli assetti attuali della politica cinese, perché il neo presidente è considerato un fautore di riforme interne al partito, in favore di una maggiore «democrazia interna». Li Yuanchao è un sostenitore del fuwuxing zhengfu , il «governo orientato al servizio» e favorevole a meccanismi di valutazione pubblica da parte dei funzionari. Segnali positivi, in teoria, cui al momento non corrisponde un cambiamento radicale nella realtà: proprio nei giorni della nomina ufficiale di Xi e Li, infatti, a Shangpu, un villaggio che aveva tentato di ripercorrere la strada di Wukan, le proteste contro un altro caso di vendita illegale di terre da parte dei boss locali, si sono chiuse con un massiccio e duro intervento delle forze di sicurezza.

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