VISIONI

L'ultima sigaretta di Wotan

RICHARD WAGNER
PENNA ANDREA,PALERMO

Con il corpo che si fa scena e musica si era aperto un mese fa l'Oro del Reno, inaugurando la grande avventura wagneriana che Graham Vick firma al Teatro Massimo di Palermo nell'anno del bicentenario. Prosegue ora nella prima giornata, la Valchiria , sempre attraverso i corpi delle donne e degli uomini, mortali e dei, che popolano la scena con forza primordiale e toccante, che sbaraglia imbarazzi e ravviva le parole, pronta a sciogliersi per sortilegio in musica: muscoli e tendini come temi, gesti e sguardi come note. La vicenda in cui dominano ossessivi i temi dell'amore e della lealtà, si sviluppa fra pochi elementi scenici (Richard Hudson): il frassino disseccato, un tavolo, la roulotte, rifugio da emarginato di Wotan, un intenso, ottimo Franz Hawlata, i prati-cartellone delle valkirie, dalle ottime voci, e poi gli spazi scabri , splendidi del teatro, mondo segreto dei tanti seduti dall'altra parte, per cinque ore in silenzio e trepidazione. Vick torna a mescolare i corpi dei cantanti ai mimi: le coppie avvinte che fra le poltrone del pubblico scoprono l'amore - etero o gay - insieme a Siegmund e Sieglinde, il solido «veterano» John Treleaven e la travolgente Ausrine Stundyte; le valchirie che imbustano cadaveri di eroi in lugubri «body bags» cavalcano stalloni-uomini «slave», e sono infatti abbigliate da «mistress» sadiche, poliziotte, presidi, donne d'affari, avvocatesse spietate, il fuoco finale è un Loge- joker-guappo, abito e coppola rossa, che si sdoppia mille volte accendendosi una sigaretta. Tornano le suggestioni all'estetica del fumetto, come la giacca-coda di Bruhnilde, l'argentea Lise Lindstrom, appena leggera, un Hunding - il ruvido Alexei Tanovitski- ipermuscoloso armato di catena, ma i confronti fra i protagonisti sono pezzi di teatro straordinari, privi di qualsiasi vezzo caricaturale. L'incontro fra i fratelli, carnale fino al furore, la disputa fra Wotan alcolista e l'implacabile Fricka in tailleur da matrona, genere Ileana Ceaucescu-Claire Zachanassian, cantata benissimo da Anna Maria Chiuri, e ancora lo struggente addio del padre, che spoglia e chiude la figlia amata nella atroce busta nera trascinandola al centro della scena. Il taglio interpretativo di Pietari Inkinen rimane sempre in linea con la regia, attento al fraseggio, con un alternanza vivace di bulino e scudiscio, comunque lontano da ogni magniloquenza, talora manca una pienezza che probabilmente con maggior precisione e più orchestrali in buca sarebbe stata raggiungibile. Tuttavia la scena delle Valkirie e l'addio finale hanno offerto momenti di palpabile emozione, per un pubblico - fra cui moltissimi tedeschi - che al termine ha applaudito (domenica ultima recita). Potere dei centenari: nella stessa settimana Kiril Petrenko, a breve sul podio per il Ring a Bayreuth, ha diretto a Roma un'orchestra di Santa Cecilia in stato di grazia nell' l'Oro del Reno, per tre concerti al Parco della Musica, con una visione interpretativa non dissimile da quella di Inkinen, forse più morbida e umbratile nel fraseggio, perfetta negli accompagnamenti ma ugualmente contenuta nei frangenti più monumentali.

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