In Italia ci sono sempre state due costituzioni. Una si instaura col Regno, prosegue col fascismo, arriva almeno alla metà degli anni Settanta: è una costituzione autoritaria, posto che il rapporto tra poteri, società e istituzioni, in cui consiste, ha dato per lo più esiti refrattari a libertà, legalità, uguaglianza, giustizia sociale, pluralismo. Altrimenti, l'aspirazione a questi beni non avrebbe alimentato, come ha fatto per secoli, l'altra costituzione, quella ideale, dei pensatori, dei poeti, di qualche uomo politico, e di tante coscienze.
A un certo punto, la costituzione ideale ha trovato una formulazione scritta nella Costituzione del 1948. Essa ha contribuito al cambiamento di molte cose, ma non ha cancellato la costituzione autoritaria, che infatti non da oggi si riespande contro la costituzione ideale, mediante l'attacco, diretto o indiretto, alla Costituzione formale. Con Berlusconi sono tornate in voga le accuse di «comunismo».
Poi la Costituzione è diventata la causa della disoccupazione: ai diritti che essa riconosce ai lavoratori, invisi alla costituzione autoritaria, risalgono le garanzie che ingessano il mercato del lavoro, e che sono state spazzate via. La Costituzione provoca debito pubblico: a nient'altro che ad essa, infatti, risale lo stato sociale, qualificato, per bocca di ministri clonati su quelli di 140 anni fa, come un lusso che non possiamo permetterci. Sicché è stata eliminata la visione costituzionale di un bilancio capace di pensare allo sviluppo, all'istruzione, alla sanità, ai servizi alla persona, inconcepibile alla costituzione autoritaria, che tuttavia di quel tipo di bilancio ha saputo servirsi, come saprà servirsi di un altro, per cementare l'avvinghiamento di interessi di cui vive, e che ha troppo spesso messo al posto di autentici servizi e vere strutture pubbliche. La Costituzione, poi, ostacola l'affermazione delle ragioni uniche, di stato o di mercato, per via di quel pluralismo ideologico e politico, che ne è un vessillo: pagato da noi col sangue, e con una dittatura. Tanto è ciò che Monti banalizza come contrapposizione tra Destra e Sinistra, e suggerisce di superare. Salvo essere molto interessato alle elezioni: infatti è importantissimo assicurare consenso al mercato, affinché esso possa più facilmente ottenere tutto quello che vuole, e a questo fine sono anche indispensabili i partiti.
Elezioni senza contesa democratica, ossia senza confronto tra idee e interessi diversi, ecco un'altra proposta di riforma della costituzione ideale e formale, che la costituzione autoritaria tira fuori come nuova dal profondo dei suoi armadi: perché a noi il diritto alla memoria ce lo nega (basta guardare al passato!, ammonisce Monti), ma quanto alla sua memoria, ce l'ha ben sveglia. E i partiti? Alleandosi con chi sostiene queste tesi, le sottoscrivono. Siccome nasce sotto questi auspici, non è il caso di affidare alla prossima legislatura una qualunque idea di riforma costituzionale. Autorizzeremmo la costituzione autoritaria a proseguire la guerra che conduce da sempre per sé sul terreno della nostra storia, e nella quale, di recente, ha già ottenuto sin troppe vittorie.