CAPITALE & LAVORO

Gli sfrattati del Verdi 15 non ci stanno

TORINO/UNIVERSITÀ
DEL SETTE LUCIANO,TORINO

Alle quattro di ieri pomeriggio si sono divisi in due gruppi. Uno è entrato negli uffici dello Sportello Casa dell'Edisu (Ente regionale per il Diritto allo Studio Universitario). Un'ora in tutto, un gesto significativo, perché la maggioranza degli studenti occupava, da gennaio e fino a martedì mattina alle dieci, la Residenza Edisu di via Verdi. L'altro gruppo è entrato nella sede della presidenza dell'Ente, affidata al leghista Umberto Trabucco, e ha appeso uno striscione alle finestre, 'Verdi 15 resiste. Maccanti e Trabucco pagherete tutto'. Elena Maccanti, anche lei leghista, è assessore regionale per il diritto allo studio. Tra i ragazzi di via Madama c'era Pamela, 25 anni. Martedì era al lavoro, ovviamente precario, quando polizia e Digos hanno fatto irruzione nella Residenza dove vivevano oltre un centinaio di studenti, una settantina gli stranieri, in risposta al taglio feroce delle borse di studio deciso dalla giunta Cota. Avvertita da una telefonata, si è precipitata a Via Verdi 15, nome "di battaglia" della Residenza, per unirsi al corteo, caricato a più riprese mentre si dirigeva prima verso la sede della Regione e poi verso il Comune. Da martedì sera, dorme con tutti gli altri a Palazzo Nuovo, l'Università.
Pamela racconta lo sgombero, eseguito con il pretesto della ristrutturazione dei locali. «La porta era aperta come sempre dalle otto del mattino, in modo da permettere a tutti di entrare in Via Verdi 15 per studiare e partecipare alle iniziative. La prima cosa che i poliziotti hanno fatto è stato distruggere quello che avevamo messo in piedi, ad esempio il bar. Poi hanno buttato giù a calci le porte delle stanze. Una ragazza che si era svegliata sentendo il casino, si è presa la porta in faccia. Gli studenti sono stati radunati, italiani da una parte e stranieri dall'altra, identificati, e solo dopo è stato loro permesso di fare le valigie. Sempre la ragazza, quando è rientrata nella stanza, ha trovato le cassettiere spaccate, il contenuto dei barattoli di marmellata e dello yogurt sparso ovunque». Chi non era lì, ha recuperato le proprie cose superando alcune ore dopo lo sbarramento della polizia, che continua a fare quadrato intorno alla Residenza. Il taglio delle borse di studio è una tragedia per gli studenti stranieri. Parla un giovane iraniano «Non avere borsa di studio significa precipitarci nella miseria e trasformarci in clandestini. Senza quei soldi, moltissimi di noi non possono pagarsi il permesso di soggiorno. Abbiamo provato a cercare un lavoro, ma nessuno ce lo dà». Aggrava il problema la difficoltà di ricevere qualche soldo dai parenti. «Impossibile in Iran, chiuso al mondo. Però lo stesso vale per il Pakistan e per una parte dei Paesi africani». Pamela si arrabbia «Ho letto sui giornali che Via Verdi 15 ospitava dei clandestini. Eccoli, i clandestini. Torino si autodefinisce Città Universitaria, salvo poi negare la borsa di studio, sono dati dello scorso anno, a ottomila ragazzi dichiarati idonei». Che prospettive avete? «Lo sgombero di lunedì ci ha colti di sorpresa. La rabbia, insieme al bisogno di una casa, ci spingono a dire che occuperemo di nuovo. In questo momento, comunque, fare un progetto a lungo termine è impossibile». E il sindaco Fassino, dov'è? In un comunicato stampa del 30 ottobre, dove Giovanni Maria Ferraris, presidente del Consiglio Comunale, stigmatizza «Ho assistito personalmente ad una carica di facinorosi contro le forze dell'ordine in via San Francesco d'Assisi, a due passi dal Municipio. L'assalto ha coinvolto anche passanti e bambini ed esercizi commerciali». No comment.

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