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Fermiamo il decreto legge «Strozza comuni», distrugge lo Stato sociale

PAREGGIO DI BILANCIO
LUCARELLI ALBERTO,

Il decreto-legge del 10 ottobre 2012 denominato "Salva Comuni", ma forse sarebbe meglio ribattezzarlo "Strozza Comuni", colpisce per due motivi: costituisce una prova generale di attuazione del nuovo articolo 81 della Costituzione fondato sul pareggio di bilancio, ovvero quell'articolo, modificato in maniera corsara con strumenti autoritari, che costituisce un attacco mortale allo Stato sociale; rappresenta, in una visione di centralismo autoritario, un vulnus alla democrazia locale (organizzazione, poteri, funzioni), al ruolo istituzionale ed economico-finanziario attribuito agli enti locali ai sensi degli artt. 5, 114, 117, 118 e 119 Cost., in particolare, laddove responsabili nell'erogazione di prestazioni sociali e servizi pubblici essenziali.
Occorre ricordare che gli artt. 114, 117, 118 Cost., in particolare dopo la riforma costituzionale del 2001, avevano accentuato il ruolo politico-costituzionale attribuito ai comuni, già fondato sul principio autonomistico di cui all'art. 5 Cost., e che l'art. 119 Cost. gli riconosce autonomia finanziaria di entrata e di spesa, attribuendo loro risorse autonome ed il potere di stabilire ed applicare tributi ed entrate propri.
La democrazia locale si fonda sul ruolo istituzionale, normativo e gestionale amministrativo attribuito agli enti locali, sul principio che conferisce in primis ai Comuni le funzioni amministrative, assegnando loro il ruolo di favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà verticale ed orizzontale. La democrazia locale, così come configurata dalla Costituzione, in particolare in relazione al cosiddetto welfare municipale, si fonda su principi di solidarietà, giustizia sociale, eguaglianza sostanziale. Non è un caso che l'art. 119 della Cost. si articola su fondi perequativi di solidarietà e preveda che la legge dello Stato istituisca un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Tali risorse devono consentire ai comuni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite e promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona. Insomma, l'architettura istituzionale, normativa e finanziaria della democrazia locale si sarebbe dovuta sviluppare, nel rispetto dei principi costituzionali, dopo l'entrata in vigore del titolo V Cost., sui principi della solidarietà, dell'autonomia finanziaria, della perequazione.
Tale architettura costituzionale risulta violata dal recente decreto legge n. 174 del 10 ottobre 2012 che lede i principi costituzionali dell'autonomia istituzionale, regolamentare, statutaria dei comuni; viola il regime dei controlli, ma soprattutto sembra ispirato piuttosto che dai principi di solidarietà e di perequazione, al neo introdotto principio costituzionale del pareggio di bilancio (art. 81 Cost.), meglio conosciuto come fiscal compact e dal principio di accentramento autoritario dei poteri, attraverso un super ruolo assegnato ai prefetti. Una norma che ha una visione del mondo nello stesso tempo autoritaria, accentratrice, burocratizzata e ragioneristica.
La norma rappresenta un sistema fondato su anticipazioni di fondi statali, fondo di rotazione, piano di rientro e controlli statali che più che porsi quale obiettivo, così come vorrebbero i principi costituzionali, la tenuta del welfare e la garanzia di diritti sociali, sembra avere quale unico risultato il pareggio di bilancio, da raggiungere attraverso la vendita del patrimonio pubblico (beni e servizi), la riduzione del costo personale e l'inalzamento massimo delle leve fiscali.
Si strumentalizzano le difficoltà finanziarie nelle quali versano i comuni per consentire a gruppi di interesse economico-finanziari di fare affari su beni di appartenenza collettiva, sui beni comuni. Comincia in questi giorni il processo di conversione in legge di tale decreto, gli emendamenti potranno migliorarlo, ma si sappia che in ogni caso rappresenterà il viatico per altri provvedimenti decisamente antinomici al nostro quadro costituzionale.

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