INCHIESTA

«Italia Tributi», mega truffa a 400 comuni

CHIAVARI • Agli arresti il presidente della società addetta alla riscossione delle tasse Giuseppe Saggese e altre 4 persone. Spariti 100 milioni di euro versati dai contribuenti e mai arrivati ai municipi
FAVA ALESSANDRA,GENOVA

Quando il pm di Chiavari Francesco Cozzi si è trovato davanti decine di procedimenti provenienti da comuni di mezza Italia, da Pomezia a Ovada, da Trezzano sul Naviglio a Vercelli, non credeva ai suoi occhi. Ogni amministrazione dettagliava quanto avrebbe dovuto ricevere di imposte di vario genere, quanto era pervenuto e c'erano ammanchi di milioni, ammonticchiati nell'arco di cinque anni, ma sempre legati ad aziende controllate da una società: la Tributi Italia Spa, prima con sede legale e direzione a Chiavari, in Liguria, poi successivamente con direzione a Chiavari e sede legale a Roma.
La società titolata alla riscossione dei tributi per conto di 400 amministrazioni locali, è finita in amministrazione straordinaria nel giugno del 2010 per insolvenza a causa degli acquisti spericolati di società satellite che entravano nella casa madre come scatole cinesi. Così l'amministrazione straordinaria ha finito per essere equiparata a un fallimento il 27 luglio 2010. A quel punto sono finiti in cassa integrazione quasi un milione di dipendenti. In sei anni però il patron coi suoi complici sarebbe riuscito a far sparire almeno un centinaio di milioni.
La procura chiavarese dunque con un'inchiesta di due anni e la collaborazione della Guardia di Finanza è riuscita a stabilire un collegamento fra i vari fascicoli e farne un procedimento solo, portando ieri, con l'avvallo del gip Fabrizio Garofalo, all'arresto dell'amministratore di Tributi Italia Giuseppe Saggese, di origini tarantine ma domiciliato da tempo nella riviera di Levante - accusato di peculato per aver intascato almeno 20 milioni di euro e omissione di versamenti di contributi e Iva ai suoi dipendenti - e sono denunciati con obbligo di dimora altri quattro soggetti, fra precedenti amministratori del gruppo, dell' Immobiliare Tributi Italia e della Gestor Spa (prima controllata al 100 per cento da Tributi Italia, poi ceduta alla Tributi Italia stessa). Sono Pasquale Froio, Vito Paoli Marti, la sorella di Saggese, Patrizia, e Mario Ortori. Ci sono poi altri quattro denunciati a piede libero legati anche alla gestione di un'altra azienda ancora, l'Istituto finanziario europeo srl.
Il meccanismo con cui Saggese e il suo gruppo sarebbero riusciti a trattenere le tasse sulla spazzatura, l'Ici e altre tasse comunali, tra il 2006 e il 2010, era piuttosto complesso e si serviva di un complicato incastro societario che, secondo l'accusa, permetteva di deviare le tasse incassate. I comuni intentavano cause e riuscivano anche come il Comune di Rubano nel padovano ad ottenere dal Tar il sequestro di oltre 371 mila euro nei confronti della Gestor Spa per mancati versamenti di contributi per un anno e mezzo (2008 e metà del 2009) ma nel frattempo la Gestor aveva fatto una cessione di ramo d'azienda alla casa madre, la Tributi Italia, complicando quindi le cose, anche se alla fine la Corte dei conti nel luglio 2010 condannò Patrizia Saggese, Froio e Marti al pagamento dei 371 mila euro assolvendo il vecchio amministratore delegato Ortori, ma senza toccare la Tributi Italia. Così è successo per decine di altri comuni.
A complicare le cose c'è stato il fallimento della casa madre che ha coinvolto le controllate Tri.com, Aser srl e la San Giorgio. L'indagine non finisce qui: i magistrati devono ancora ricostruire una parte del dedalo finanziario e sperano che le perquisizioni effettuate ieri a Rapallo, Recco, Cogorno e nel piacentino servano a rintracciare parte dei soldi che potrebbero essere finiti all'estero o in qualche paradiso fiscale. Saggese infatti non ha mai fatto mistero di avere delle società all'estero, ma il punto è quando e come ha trasferito i soldi e se una parte finivano a qualche copertura romana. Su questo punto gli inquirenti tengono il riserbo più totale ma nelle intercettazioni non mancano i contatti politici e quelli con dirigenti ministeriali nella capitale.
Che Saggese nel levante genovese fosse una potenza lo si desume anche dai suoi difensori. Un sito ad esempio azzarda che l'inchiesta voglia fare solo rumore colpendo un personaggio piuttosto conosciuto. Saggese faceva la bella vita, girava in fuoriserie e soprattutto è figlio di un magistrato (il padre era pretore a Recco). D'altra parte l'uomo è conosciuto anche alle procure: è stato già arrestato per corruzione nel 2001 - e per peculato nel 2009, riuscendo sempre a scamparsela. Ora il procedimento passa a Roma a tutti gli effetti. Saranno i giudici romani a continuare le indagini sulla bancarotta e il peculato. A Chiavari restano i reati tributari, le omissioni dei versamenti ai dipendenti e le decisioni sulle misure contenitive anche perché lo stesso gip chiavarese che ha avvallato l'arresto e le denunce, ha dichiarato che Chiavari non è la sede competente anche se è da qui che è partita e ha avuto la sede amministrativa e legale la Tributi Italia.

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