Per la prima volta l'Assemblea regionale siciliana subisce un pignoramento che blocca le risorse destinate agli onerosi stipendi dei dipendenti regionali. Insomma, rubinetti chiusi all'Ars, dopo il decreto ingiuntivo da quasi 25 milioni avanzato dai legali di 72 dipendenti - sopratutto funzionari - di Palazzo dei Normanni che avevano richiesto il riconoscimento di alcuni scatti di anzianità. E per questo avevano presentato un ricorso al tribunale.
Ricorso accolto con una sentenza del marzo scorso, immediatamente esecutiva, alla quale però l'amministrazione dell'Assemblea non ha dato seguito. Poiché le decisioni di primo grado hanno appunto un valore esecutivo e devono essere immediatamente onorate, l'avvocato dei ricorrenti ha proposto l'atto ingiuntivo e, successivamente, ha chiesto il pignoramento cautelativo.
Ieri però, dopo l'arrivo del decreto ingiuntivo, ci si è resi conto che le casse della Regione sono vuote. L'amministrazione, stando al racconto di alcuni dipendenti di Palazzo dei Normanni, lo ha già fatto sapere attraverso una circolare. Il pagamento «degli emolumenti è stato differito». La conseguenza è che il personale dell'Assemblea non potrà ricevere il «grasso» stipendio e coloro che sono in trattamento di quiescenza, non potranno ricevere la pensione. Salvi invece, i deputati che hanno ricevuto i loro compensi regolarmente perché erano stati liquidati prima che pervenisse il decreto di esecuzione della sentenza.
In passato un ritardo, provocato dalla mancanza di liquidità - in barba ai tanti disoccupati e precari siciliani - ha suscitato una irritata reazione dei parlamentari regionali con uno stipendio mensile che parte da dodici milioni di euro al mese. Di questa storia, voce interne all'Ars, dicono che i conti in rosso non c'entrano niente. Il pignoramento è la conseguenza di una conflittualità interna che ha toccato di recente livelli inconsueti.
Appena quindici giorni fa, infatti, larga parte del personale Ars aveva incrociato le braccia per due ore per protestare contro l'espletamento di un concorso interno, che non è stato condiviso dalle organizzazioni sindacali.