REPORTAGE

Il come Historia

Alfabeto brasileiro
D'ORSI ANGELO,

Ci sono caratteri originari della storia brasiliana? Naturalmente potrei azzardare una risposta soltanto dopo anni di permanenza e di studio. Eppure forte è il desiderio di penetrare nel passato di questo Paese-mondo.
All'inizio del '900, Manoel Bonfim - medico, psicologo, pedagogista, sociologo, e storico - in un libro dal titolo significativo si interrogava sui Males de origem del subcontinente latinoamericano. La sua analisi del processo di colonizzazione fu per l'epoca originale, tutta, per così dire, dalla parte del popolo, della cui natura composita, meticcia, fu il primo vero teorico, innescando una disputa violenta con un ideologo, saggista, studioso e politico di fama, Sílvio Romero. Mentre costui, imbevuto di darwinismo sociale, convinto dell'esistenza di "razze" umane, e della loro necessaria differenza (e gerarchia), spiegava il ritardo storico del Brasile - il grande problema dell' atraso, di cui ancora oggi quando il Paese guida i Brics, si discute - con la mescolanza, facendone un disvalore, Bonfim audacemente solitario, si schierò sul fronte opposto: proprio quello straordinario miscuglio rendeva unico e grande il Brasile, il fatto che si fossero fusi nel corso dei secoli, i nativi, i discendenti di schiavi africani, e gli eredi degli europei invasori (non soltanto portoghesi). Non a caso Bonfim fu rilanciato da quel grande "meticcio" per scelta che è stato Darcy Ribeiro.
La storia del Brasile si riassume in un felice meticciato, che tuttavia gronda lacrime e sangue e rappresenta un problema. I nativi occupano lo scalino più basso nella società brasiliana. Dopo esser stati quasi sterminati da portoghesi, spagnoli, francesi, a partire dai primi del XVI secolo (il Brasile fu "scoperto" da Pedro Álvares Cabral nell'aprile 1500) sono sopravvissuti in circa 300 mila, su diversi milioni di individui che erano prima dell'arrivo degli europei, ma non hanno smesso di essere sotto attacco, e a parte alcune minoranze illuminate, sembra che la loro causa non stia molto più a cuore ai governi degli Stati della Federazione, o a quello centrale. Eppure qui è il cuore di questa história: da una parte l'incrocio di genti, che nasce tuttavia da incontri realizzati attraverso la violenza più atroce, e la sopraffazione più totale; dall'altra parte, sotto traccia, è rimasto lo scontro fra oppressi e oppressori. I migliori esponenti della cultura di questo Paese dalle molte nazioni si sono battuti contro ogni forma di schiavitù, e hanno teorizzato e cercato di praticare, in forme diverse, la liberazione:come teoria politica, come teologia, come pedagogia. Il contributo di Paulo Freire, in tale direzione, è fondamentale, quasi un'opera maieutica volta a risollevare, attraverso l'educazione, l'oprimido: la pedagogia degli oppressi, è anche la pedagogia della speranza.
Proprio Freire ebbe a dire che il popolo brasiliano non sa cosa sia la libertà e neppure l'autorità. Scambia la prima per l'anomia, la seconda per l'autoritarismo. Sarà qui la chiave per capire come mai nessuna rivoluzione è stata qui tentata?

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