Nozze d'argento per la principale rassegna soul italiana - Porretta Soul Festival, una venticinquesima edizione intensa che si è tenuta sul declinare di luglio. La formula non cambia e si compone di quattro giornate, di cui l'ultima caratterizzata da una scoppiettante jam. Nel cartellone trenta concerti, duecento musicisti e una certa predisposizione verso il maturo suono della Stax di Memphis, di cui erano presenti tutti i migliori rappresentanti; dai he Bo Keys e The Bar-Kays, al live dei Otis Clay, ageé di gran classe, fino a un sorprendente David Hudson. Quest'ultimo, noto per essere un epigone di Al Green, ha dato vita ad un set di alto livello, ritmico ed affascinante dove la sua anima soul è apparsa forte e caratteriale. Di rilievo anche l'esibizione di Syl Johnson che mantiene ancora oggi la sua proverbiale verve tanto quando intona proverbiali hit come Is It Because I'm Black, piuttosto quando racconta gli esiti della vicenda di plagio che lo ha visto di recente coinvolto contro i rappers Jay-Z e Kanye West. Nodo del contendere un frame della sua Different Strokes che i due hanno aggiunto senza chiedere alcuna autorizzazione nel brano The Joy. Da segnalare poi le presenze di Ben Cauley e John Gary Williams. Non solo suoni di marca memphisiana, ma anche altre piccole gemme. Tra queste si sono poste in evidenza The Sweethearts of Australia, big band di giovanissime musiciste, già presenti in passato a Porretta. Una prima volta invece quella della deliziosa vocalist Robin McKelle assieme ai suoi The Flytones. Proveniente da New York, la giovane cantante ha stupito l'intero auditorio con un live set di primissima qualità, affatto scontato né derivativo delle forme soul già note. Folta, infine, la presenza di band italiane, giunte da tutta la penisola. Tra le performance migliori si sono segnalate i Minigonna, autori di un acerba ma interessante miscela tra funk ed elettronica e le The Real Mother Funkers, formazione toscana quasi interamente al femminile capace di un robusto e solido soul-funk.