VISIONI

Brian Blade e la sua «batteria felice»

FANO JAZZ BY THE SEA
LORRAI MARCELLO,FANO

Fra i vari aggettivi che vengono alla mente di fronte al drumming di Brian Blade c'è anche, in molti momenti, «gioioso». Quello della felicità è uno dei tratti di stile che risaltano nel suo modo di suonare la batteria, ma è anche più in generale uno stato d'animo nel fare musica che Blade lascia trasparire. Non è l'unico a divertirsi, sul palco di Fano Jazz By The Sea: anche gli altri quattro della sua Fellowship Band sono palesemente contenti del tipo di musica che stanno proponendo e di suonare assieme: sorrisi, intesa, complicità e relax sono evidenti, senza nessuna posa destinata al pubblico. Certo nel mettere nella giusta disposizione di spirito una cornice come quella della Corte Malatestiana aiuta, come anche il regime gastronomico da cui si è stati gratificati (citato a inizio concerto): ma non deve trattarsi di un piacere contingente, se è vero che Myron Walden, sax alto e clarinetto basso, Melvin Butler, sax tenore e sax soprano, Jon Cowherd, piano, e Chris Thomas, contrabbasso, figuravano già quasi quindici anni fa nel primo album della Brian Blade Fellowship.
Oltre a portare avanti la propria carriera personale, Blade è molto richiesto in studio di incisione anche fuori dal campo del jazz (ha lavorato per Joni Mitchell e Bob Dylan, fra i tanti), e da anni è nel quartetto di Wayne Shorter, impegnato con Danilo Perez e John Patitucci nella difficile arte di vaticinare, interpretare, inseguire gli imprevedibili movimenti dello straordinario sassofonista (Blade non era accanto a Shorter nei recenti concerti estivi del quartetto, ma lo sarà di nuovo in autunno, fra l'altro a Brescia il 10 novembre). Batterista estremamente nitido, Blade è molto calibrato nei timbri e vigile nei volumi: il suo drumming è ricco di scatti e affondi, e tende ciclicamente a far montare la tensione, ma se spingere non è espressivamente necessario mostra un perfetto autocontrollo ed evita il protagonismo invasivo. Usa la forza solo quando occorre, un po' come in una disciplina marziale: l'energia è canalizzata nella precisione e nella varietà del drumming. Con la sua vigorosa pacatezza, il drumming di Blade sembra non solo accompagnare e stimolare la musica, ma in senso forte «dirigerla», orientarla, un po' alla stregua di un secondo pianoforte.
La pacatezza contraddistingue anche la musica nel suo insieme, proposta con grande dignità esecutiva ma anche con un bel respiro emozionale: il repertorio è incline alla melodia e alla cantabilità, anche accattivante, ma resa sempre con stile, e dai due fiati nobilitata da suggestivi impasti di clarinetto basso e sax soprano, di sax alto e sax tenore, di clarinetto basso e sax tenore. Una elegante vena funky, a cui non devono essere estranei il gospel e il soul immerso nei quali Blade è cresciuto da bambino, percorre anche gli eccellenti assoli dei fiati. Cowherd, socio fondatore della Fellowship, propenso ad un lirismo limpido, e a una pronuncia delle note di grande chiarezza ed economia, è autore di un paio dei brani, e di altrettanti Blade; in mezzo anche l'interpretazione di un vecchio, solenne e suggestivo folk song, Shenandoah, e come bis un altro traditional, Let It Shine.
Corroborante ed egregia chiusura, assai apprezzata dal pubblico, di Fano Jazz By The Sea, uno dei festival estivi che più degnamente illustrano la formula del «festival del jazz» e che causa i tempi che corrono proprio alla ventesima edizione ha dovuto stringere la cinghia: ma pur rinunciando a uno dei due stage, quello sul mare, ha tenuto, per fortuna, la posizione.

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