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SE IL GOVERNO CALPESTA CORTE E REFERENDUM

SPENDING REVIEW
LUCARELLI ALBERTO,

Il dl n. 95/2012 sulla cd. spending review, in attesa di conversione in legge, contiene diversi elementi di dubbia compatibilità con il quadro costituzionale in materia di servizi pubblici locali, tanto più alla luce della recente sentenza della Consulta n. 199/2012. Ancora una volta il parlamento sta per convertire in legge un decreto del governo, che oltre a violare la volontà referendaria espressa da 27 milioni di cittadini il 12-13 giugno 2011 contro le privatizzazioni selvagge, calpesta la recente sentenza della Corte costituzionale che ha chiaramente affermato il cd vincolo referendario, ovvero che la volontà del popolo sovrano va rispettata da parlamento e governo.
Francamente è quasi imbarazzante tornare sull'argomento a pochi giorni dalla sentenza della Corte, per denunciare la riproposizione di norme abrogate ed essere costretti ad invocare di nuovo l'impugnazione di tale atto. In particolare, l'art 4 della spending review riproduce subdolamente processi di privatizzazione forzata, limitando la dimensione pubblicistica nella gestione dei servizi pubblici locali riproponendo le norme del cd. decreto di ferragosto a firma Berlusconi, confermato dal governo Monti. Come è noto, entrambi avevano replicato lo spirito del decreto Ronchi, e per tali motivi dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale.
Si assiste dunque, nel palleggiamento dei palazzi del potere, senza un reale dibattito parlamentare, ad una nuova truffa a danno dei cittadini. Tale decreto, dunque, sempre con l'alibi dell'urgenza e della necessità, costituisce un vulnus del principio di autodeterminazione degli enti locali, desumibile dagli artt. 5 e 118 della Costituzione, in quanto limita il ricorso a forme di gestione diretta dei servizi pubblici locali, previste altresì dal diritto comunitario.
È' il caso di ricordare che alla materia dei Spl di rilevanza economica, all'indomani del referendum del 2011 e dell'abrogazione dell'art. 23-bis del decreto Ronchi si applica direttamente la normativa comunitaria che prevede ipotesi di gestione diretta del servizio da parte dell'ente locale (cfr. C. cost., sent. n. 24/2011).
Pertanto, alla luce della recente pronuncia della Consulta, le norme relative alla gestione dei servizi pubblici contenuta nell'art. 4 del dl n. 95/2012 sono da ritenersi illegittime per violazione della Costituzione e della giurisprudenza della Corte costituzionale.
Altre norme contenute nel decreto sollevano forti perplessità: in particolare il sesto comma dell'art. 9 che pone il divieto agli enti locali di istituire enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite ai sensi dell'art. 118, della Costituzione. Il divieto di nuova istituzione di enti, agenzie e organismi da parte degli enti locali costituisce una violazione del richiamato principio di autodeterminazione, in quanto limita l'esercizio di funzioni costituzionalmente attribuite agli enti locali.
Dulcis in fundo, il potere assegnato al commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa di beni e servizi di esprimere parere obbligatorio per l'approvazione dei piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle società partecipate: come dire gli enti locali commissariati da Bondi!

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