L'ULTIMA

All'Osteria N°1, dove non ci batte più nessuno

VISTA DA BERLINO
AMBROSINO GUIDO,

Piena regressione italiota giovedì sera a Berlino. La community, con maglie azzurre e sciarpe tricolori, zompa per la gioia e intona: «Chi non salta, un tedesco è». Nell'esultanza c'è, tedescamente, una buona componente di Schadenfreude, l'intima soddisfazione per il danno inflitto all'avversario dai due gol di Balotelli.
Siamo nel tendone bianco, con maxischermo, che l'Osteria nº1, Kreuzbertgstraße 71, monta a ogni grande occasione calcistica nel parco adiacente. Per rifornirsi di immagine colorite, ci sono gli operatori della Rai e della rete pubblica regionale per Berlino e il Brandeburgo. Aizzati dalla presenza delle telecamere, i trecento lì riuniti balzano in piedi quando i «nostri ragazzi» scendono in campo, e intonano con loro l'inno invocando a squarciagola la dea da scalpare: «Dov'è la Vittoria, che porga la chioma?». La calca è fitta, ma il pubblico, calpestandosi i piedi, brama ancora maggiore coesione: «Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte». Per soffocamento?
Altro che «schiava di Roma», la Vittoria. Nei secoli ha libertineggiato con chi le pareva. I prussiani credevano di averla già scalpata loro con le campagne antinapoleoniche del 1813-1815. Così trasformarono il «monte» di Kreuzberg, modesta collina di 66 metri, in un Viktoriapark, parco della vittoria, con relativo monumento celebrativo pseudogotigo sul cucuzzolo. Proprio ai piedi di quel monumento ora ci troviamo, sperando che stavolta la Vittoria sorrida a noi.
L'Osteria nº1 a Kreuzberg c'è dal 1977. Il suo fondatore, l'ex lottacontinuista Piero De Vitis, voleva fare un gioco di parole tra la leggendaria Kommune 1 (la prima comune del movimento studentesco berlinese, laboratorio di liberazione politica e sessuale) e i più pecorecci stornelli d'osteria nostrani («Osteria numero uno, qui non entra più nessuno. Ci son solo preti e frati, che s'in... beati», e via enumerando).
Quarant'anni dopo, poco è rimasto delle aspirazioni di nuova sinistra dell'Osteria kreuzberghese, se non forse la voglia di far caciara, che va sempre bene per tutte le generazioni. Insieme al senso comune internazionalista, i nuovi italioti hanno perso pure il buon gusto. Non solo a Berlino: l'indomani rimbalza dall'Italia il titolo di prima pagina de Il Giornale sul trionfo calcistico, con un «Ciao ciao culona» all'indirizzo di Angela Merkel. Speriamo che la Vittoria si volga pudicamente altrove, e non legga.

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