VISIONI

Nick Drake, sottili riverberi di luce blues

OMAGGI
FESTINESE GUIDO,GENOVA

«Crediamo che sia indispensabile continuare a mettere mattoni di idee, esperienze, parole, sogni a diga contro la volgarità mentale che sta infiltrandosi ovunque come un miasma. Perché ogni crisi economica è figlia di una crisi etica e culturale, non dimentichiamolo». Sono parole di Claudio Pozzani, poeta e instancabile agitatore culturale genovese, l'uomo che ha inventato il Festival internazionale della poesia di Genova, ospitato nel Palazzo Ducale, giunto quest'anno alla maggiore età. Pozzani è stato anche musicista, nella sua carriera: e ogni anno ricava nelle affollatissime giornate del suo festival di parole diversi spazi in cui i versi interagiscono con la musica. Dando spazio, anche e soprattutto, a chi la musica l'ha attraversata lasciando segni fragili e appena visibili, scie di luce che continuano a pulsare: basta avere occhi adatti a riconoscere la bellezza. Una scia delicata come il raggio di una ragnatela, e bella come un crepuscolo in una campagna immobile, l'ha lasciata nel mondo Nick Drake. Un ragazzo introverso e malinconico, bello come Jim Morrison, innamorato del blues, dei poeti simbolisti francesi, del romanticismo inglese, di Dylan. Un lettore vorace ed un eccellente musicista che suonava la chitarra in un modo tutto suo, inventando accordi impossibili ed ancor più impossibili accordature. Nick Drake se n'è andato nel 1974, a ventisei anni. Sul piatto del giradischi c'erano i concerti brandeburghesi, sul comodino il Mito di Ssifo di Albert Camus.
Ci ha lasciato tre dischi ufficiali sconvolgenti, al riascolto, che all'epoca vendettero quasi nulla Sono poesia assoluta, di quella bellezza completa che non abita in un tempo preciso. Pozzani ha deciso di ospitare nel suo festival, appena concluso, il coraggioso spettacolo su Nick Drake Time Of Reply. Un concerto - narrazione diretto da Bruno Meneghelli con chitarra, due violini, violoncello, piano, la voce imprevista di Marco Fossati nella difficile ripresa di quella di Nick Drake, il «raddoppio» in scena della figura di Drake nelle fattezze di Fabrizio Bianchini. In scena gli strumenti, una poltrona con un paralume, una radio, uno schermo per rimandare le (poche) immagini di Drake che sopravvivono. Senza invadenza: come una narrazione che ha bisogno, per ritrovare le canzoni, d respiro e tempi lunghi, meditati. E' un piccolo miracolo: narrativo, teatrale,e musicale. Perché le corde riproducono esattamente il mood straniato e dolcissimo che si respira nei dischi del poeta-ragazzo con la chitarra (in uno diede la mano anche John Cale), perché la chitarra di Marco Matta accarezza esattamente gli stessi intricati percorsi di Drake. Perché, soprattutto, la voce di Fossati (che negli ambienti musicali è conosciuto come eccellente percussionista e batterista di note afrocubane) riesce ad evocare quella di Nick Drake senza esserne calco calligrafico, ma recuperandone tutta la vibratile, ambrata, sconvolgente intensità emotiva.

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